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Interesse discreto e interesse istantaneo

martedì 8 luglio 2008

Abbiamo visto che in finanza il fattore tempo assume un ruolo preponderante. Un Euro oggi vale di più infatti dello stesso Euro disponibile tra 1 anno. Questo perchè con un Euro disponibile oggi si possono fare molte più cose che con un Euro che è disponibile soltanto tra 1 anno! In questo secondo caso non c’è altro da fare che aspettare!

Al limite potremmo mettere il nostro Euro sotto il materasso ed attendere lo stesso 1 anno. In questo caso però tra 1 anno troveremo sempre lo stesso Euro, senza averlo fatto fruttare in nessun modo.

Ma invece che metterlo sotto il materasso potremmo investirlo in oro oppure comprare un’ azione di una data compagnia. Se questo genere di operazioni vi sembra troppo rischioso, potreste sempre segliere di prestare quell’Euro a qualcuno che è disponibile a sopportare il rischio dell’investimento e che vi garantisce il rimborso del vostro Euro tra 1 anno con in aggiunta un piccolo ‘extra’. Quell’ ”extra” si chiama “interesse“.

Questo è precisamente quello che le banche fanno, esse prendono in prestito i vostri risparmi e li investono sotto molteplici forme e con livelli di rischio differenti. In questo modo esse riescono a ridurre il “rischio complessivo“. Prendendo a prestito inoltre da moltissimi risparmiatori le banche riescono ad investire a condizioni tali che l’individuo medio non potrebbe mai sperare di ottenere, producendo così i loro cospicui utili. (L’utile delle banche, lo ricordiamo, è dato essenzialmente dalla differenza tra gli interessi ottenuti sui loro impieghi e gli interessi corrisposti ai loro debitori, cioè ai prestatori effettivi di capitale.)

Le banche competono tra di loro per farsi prestare danaro dai risparmiatori offrendo appunto loro “relativamente” più alti tassi di interesse dei loro concorrenti, cioè di altre banche. I liberi mercati dei capitali e la possibilità per il risparmiatore di cambiare velocemente banca assicurano che i tassi di interesse restino abbastanza omogenei e quindi non si modifichino più di tanto da una banca all’altra.

Ecco tra l’altro perchè al risparmiatore (o al correntista) accorto e avveduto non interessa tanto il tasso di interesse in sè, a meno che non abbia ingenti somme a disposizione, ma il livello (e soprattuto il costo, alias commissioni) dei singoli servizi e l’affidabilità della banca in questione.

Passiamo ora ad occuparci di qualche formula, per poter meglio capire quale sia la differenza tra un interesse discreto ed uno istantaneo. Denotiamo il tasso di interesse con la lettera ‘r‘ (erre minuscola) ed assumiamo intanto che questo tasso non cambi nel corso del tempo (anche se in pratica non è così!). Il tasso di interesse può essere semplice oppure composto.

Più precisamente l’interesse è semplice quando esso è commisurato soltanto sull’ammontare del capitale prestato inizialmente, mentre è composto quando il prestatore percepisce anche interessi sull’interesse (già maturato si intende!)

Le forme di interesse composto di suddividono in particolare in 2 categorie: quelle a interesse composto discreto e quelle a interesse composto istantaneo. Vediamo subito qualche esempio pratico.

Supponete di investire 1 Euro in una banca ad un tasso discreto di interesse r pagabile 1 sola volta l’anno: alla fine dell’anno il vostro conto corrente mostrerà un saldo di:

1 x (1 + r)

Se il tasso di interesse fosse il 10%, alla fine dell’anno avreste € 1,10 (1 Euro e 10 centesimi di Euro)

Dopo 2 anni avreste invece:

1 x (1 + r) x (1 + r) = (1 + r)2

Cioè 1 x ( 1 + 0.10) x (1 + 0.10) = (1 + 0.10) 2 = € 1,21 (1 Euro e 21 centesimi). Dopo n anni avrete (1 + r) n . Questo è un esempio di interesse composto discreto.

Ora supponete invece di ricevere m pagamenti per interesse durante l’anno (ad intervalli periodici di tempo quindi pari a 1/m) ad un tasso pari a r/m per anno. Alla fine dell’anno il vostro conto mostrerà un saldo pari al risultato di questa formula:

Adesso immaginate che questi pagamenti periodici per interessi vengano ricevuti ad intervalli sempre più ravvicinati ma nel contempo ad un tasso sempre più piccolo (1/m frazioni di anno e al tasso r/m ; poichè il denominatore m cresce, la frazione r/m decresce per un dato valore di r)

Se sostituiamo m con il “limite per m che tende ad infinito…” (per i non matematici ciò equivale a vedere cosa succede all’intero fattore se m è sufficientemente grande) , l’espressione di prima diventa:

La parte di destra significa “equivalente a..” er (e è il numero di nepero, base dei logaritmi neperiani ed equivale al numero 2,7182818285) quindi a ‘e’ (elevato alla) ‘r’.

Questa formula ci dice a quanto ammontano capitale e interessi al termine dell’anno nell’ipotesi che venga applicato il tasso di interesse istantaneo.

Se gli anni sono più di 1 si avrà ert (dove t è il numero di anni 1,2,3,…..t). Questa espressione permette di porre in relazione un valore attuale ad un valore futuro di una determinata operazione finanziaria (che, lo ricordiamo, può essere indifferentemente un prestito oppure un investimento).

Più precisamente l’espressione di cui sopra serve a calcolare il valore futuro a partire da quello attuale di una determinata operazione, mentre per calcolare il valore attuale, noto quello futuro, la formula è semplicemente la seguente:

e-r(T-t) , che quivale a scrivere: e-rt

Per esempio, supponiamo che r valga 5%, cioè 0.05; quindi il valore attuale di un milione di euro (€ 1.000.000,00) da riceversi tra 2 anni (t=2) sarà:

€ 1.000.000,00 x e-0.005 x 2= € 904.837,41

(provate con la calcolatrice scientifica di windows sostituendo ad e il numero 2,7182818285!)

Il valore attuale risulta chiaramente inferiore al valore futuro dell’operazione. I tassi di interesse sono un fattore molto importante per determinare il valore attuale dei flussi di cassa futuri.

 

 

Tasso nominale e tasso effettivo

venerdì 15 febbraio 2008

Il tasso di interesse è spesso oggetto di fraintendimenti. Quando si parla di un tasso annuo effettivo del 5%, si intende che in un anno gli interessi saranno comunque del 5%, a prescindere dalla capitalizzazione nell’anno. Ad esempio, se una banca dichiara di remunerare i suoi correntisti al 5% annuo effettivo capitalizzato trimestralmente, il tasso trimestrale non sarà 5% / 4 (diviso quattro) , perché, se così fosse, la liquidazione degli interessi genererebbe essa stessa ulteriori interessi.

Facciamo un esempio pratico. Supponiamo di avere un saldo di 100 Euro che gli interessi siano 12% annuo capitalizzato trimestralmente.Il primo trimestre ci vedremmo liquidati 3 Euro e la base di calcolo per il secondo trimestre sarebbe 100+3 Euro.

Alla fine del secondo trimestre ci verrebbero liquidati 103 x 3% = 3,09; alla fine del terzo 3,18 e alla fine del quarto 3,28. Facendo un po’ di somme ci rendiamo conto che 3+3,09+3,18+3,28=2,55! Ci sono 0,55 centesimi di Euro in più!!

Abbiamo scoperto che un tasso del 12% nominale corrisponde ad un 12,55% effettivo capitalizzato trimestralmente. Sulla base di quanto appena detto, possiamo trovare una formula che ci converta i tassi in modo semplice.

Diremo allora che:

Tasso Effettivo = [[1 + (tasso nominale / periodi)] ^ periodi} —1 Nel nostro esempio sarà:
=((1+(0,12/4) ^ 4)-1

Cioè: ((1 + 0,12 /4) ^ 4) -1

(‘^’ sta per ‘elevato alla..’)

e quindi: (1,03 ^ 4 ) -1 = (1,03 x 1,03 x 1,03 x 1,03) -1 = 0,1255

che equivale al tasso effetivo del 12,55%

Questo tasso sarà un tasso effettivo annuo riferito ad una capitalizzazione espressa dalla variabile “periodi”. Potremo facilmente dividerlo per il numero di periodi di capitalizzazione e otterremo il tasso periodale.

Tasso Periodale = Tasso Effettivo Annuo / Periodi

In sostanza, un tasso effettivo annuo (detto anche convertibile) può essere diviso per i periodi di riferimento ottenendo il tasso periodale. Un tasso nominale annuo, invece dovrà invece essere nelaborato per poterlo trasformare in un tasso periodale.

Se invece volessimo passare da un interesse annuo effettivo ad un tasso nominale? La formula sarà la seguente:

Tasso Nominale = [(1+ tx eff annuale) ^ (1 / periodi) – 1 ] * periodi

Nel nostro esempio potremmo dire quindi che:

Tasso Periodale = ((1 + 0,1255) ^ (1 /4) -1) * 4

(per elevare ad un esponente frazionario occorre utilizzare la calcolatrice scientifica di windows)

Tasso Periodale = 1,1255 ^ (0,25) – 1 * 4 = 0,029997 * 4 = ~ 0,12

Il tasso così determinato darà un tasso nominale periodale, che capitalizzato per 4 volte nell’anno (ogni trimestre), darà un interesse annuale esattamente uguale a 12%.

Cosa è un numero indice

giovedì 6 dicembre 2007

Spesso nella vita quotidiana, leggendo i giornali o ascoltando la tv, sentiamo parlare di indice ISTAT dei prezzi al consumo, indice di rivalutazione del TFR, indice EURIBOR a 3 mesi, indice di rivalutazione monetaria, ecc. Questi sono tutti numeri indici, e la materia che li definisce e li studia è la statistica. Esistono vari enti e osservatori che pubblicano periodicamente statistiche di ogni genere su fenomeni economici come l’andamento dei prezzi, quello della produzione, i tassi di interesse e così via. In Italia è l’ISTAT l’ente più conosciuto.

Ma sappiamo veramente tutti che cosa esattamente è un numero indice o indice statistico e soprattutto qual’è il suo esatto significato? Comprenderne la natura, il significato e soprattutto come viene calcolato ci auterebbe a leggere e ad interpretare decisamente meglio la mole di tavole pubblicate periodicamente dall’ISTAT disponibili tra l’altro anche su Internet e di cui spesso si danno per scontate parecchie cose.

Per capire come è fatto un numero indice, dobbiamo prima partire da 2 rilevazioni diverse nel tempo del prezzo unitario effettivo, espresso in Euro, di una stessa identica quantità di merce o bene di consumo nella stessa località geografica, per esempio prendiamo 1 Kg. di pane a Roma.

Supponiamo che al 30 settembre 2006 è stato rilevato che il prezzo medio di 1 Kg. di pane comune a Roma era di € 2,05 (Due Euro e cinque centesimi).

Esattamente 12 mesi dopo e cioè il 30 settembre 2007 nel medesimo luogo e cioè a Roma viene rilevato che il prezzo medio di 1 Kg. dello stesso pane comune è di € 2,20 (Due Euro e venti centesimi)

Quello che vogliamo fare è esprimere in termini numerici l’evoluzione (in questo caso l’aumento) di una determinata grandezza (in questo caso un prezzo) nell’intervallo di tempo tra 2 date successive.

Per esempio potremmo dire che l’aumento è stato di € 0,15 (quindici centesimi) al kilogrammo, cioè un aumento del 0,15 / 2,05 x 100 = 7,32 % (sette e trentadue per cento) negli ultimi 12 mesi.

Ma potremmo anche calcolare il rapporto tra il prezzo al settembre 2007 e quello al settembre 2006, cioè € 2,20 / € 2,05 = 1,073170 , il quale indica che la quantità di merce (il kilo di pane) che 1 anno prima costava 100, dopo 1 anno, cioè oggi, costa 107,32.

Possiamo infine moltiplicare il precedente rapporto per 100, cioè 2,20 / 2.05 x 100 = 107,32, espressione che indica che quella data quantità di merce (sempre il nostro kilo di pane) che costava 100 al settembre 2006, costa oggi (settembre 2007) 107,32, cioè un aumento del prezzo di 107,32 – 100 = 7,32 per cento; è proprio il numero 107,32 che, alla data del 30 settembre 2007, è chiamato indice del prezzo della merce studiata, e cioè indice del prezzo del pane, ma occorre aggiungere ancora una cosa importantissima in statistica: la base!

La base di un indice altro non è che la data alla quale facciamo riferire il 100! Per cui dire che l’indice del prezzo del pane a Roma è di 107,32 al settembre 2007 e basta non è sufficiente.

L’espressione corretta è: l’indice del prezzo del pane a Roma è di 107,32 a settembre 2007, con base settembre 2006 = 100.

Se al 30 settembre 2008 l’indice del prezzo del pane a Roma sarà di 115,00 (speriamo di no, naturalmente!) allora vorrà dire che l’aumento percentuale 2008 / 2007 sarà stato del 115/107,32 -1 *100 = 7,15% ma sempre con base settembre 2006 = 100.

L’aumento dell’indice del prezzo del pane a Roma tra il 2006 e il 2008, come risulta evidente dalla lettura immediata dell’indice stesso, e cioè 115, sarebbe del 15%.

Calcolo valore attuale di un capitale futuro

sabato 10 novembre 2007

Il concetto di “attualizzazione” di un capitale futuro è largamente utilizzato in tutti i calcoli economici e finanziari. Ma cosa vuol dire “attualizzare” e che cos’è un “capitale futuro”?

Attualizzare, tradotto nel linguaggio di tutti i giorni, significa “riportare ad oggi” o “rendere attuale” o “calcolare un valore equivalente disponibile ora, oggi e subito”.

Un “capitale futuro” altro non è che una somma di danaro che sarà disponibile in una data futura e quindi non lo è ancora oggi.

Esempio: disporre di € 100,00 il 1/1/2009 non è la stessa cosa che disporre degli stessi € 100,00 ma il 1/1/2008, perchè?

Qui sta il nocciolo della questione! L’errore più comune che fa il neofita della finanza è sommare 2 cose che non sono assolutamente comparabili tra di loro, è come voler prendere un uovo e sommarlo ad una gallina e poi dire che si possiedono 2 galline oppure 2 uova!

Un esempio molto meno banale è quello di sommare tutte le rate di un mutuo di un piano ammortamento (aventi data di scadenza differente) oppure tutte le cedole future di un investimento obbligazionario (aventi data di maturazione differente) e poi dire che si è spesa o si è incassata la loro sommatoria!

Il principio più importante in matematica finanziaria è il principio di equivalenza finanziaria tra 2 somme disponibili in momenti differenti nel tempo.

Che cosa manca per attualizzare al 1/1/2008 i 100 Euro disponibili il 1/1/2009? Avrete già capito che il nostro capitale futuro sono proprio € 100,00 al 1/1/2009.

Ok, qualcuno dirà: il tasso di interesse! Giusto! Ma non è sufficiente. Ci occorre certamente sapere qual’è il tasso di interesse da prendere come riferimento, ma ci occorre anche sapere un’altra cosa: il periodo di capitalizzazione.

Che cos’è allora il “periodo di capitalizzazione” ? E’ il periodo di tempo che intercorre tra la data in cui si è presa a prestito una data somma e la data più prossima in cui vengono addebitati o liquidati gli interessi.

Badate bene che tutto questo ragionamento è esattamente lo stesso sia quando facciamo un mutuo sia quando investiamo in bot o azioni cioè sia quando prendiamo a prestito sia quando invece prestiamo a qualcun altro i nostri risparmi.

Se la data iniziale dell’operazione è il 1/1/2008 e quella di scadenza finale è il 1/1/2009 , questo ci dice solo che il 1/1/2009 l’operazione finanziaria è conclusa ed i 100 Euro vengono restituiti o rimborsati.

Se il “periodo di capitalizzazione” è trimestrale, ciò significa che gli interessi sulla somma iniziale verranno calcolati ogni 3 mesi e quindi il 1/4, il 1/7, il 1/10 e il 1/1/2009 e ogni volta vengono aggiunti al capitale!

La somma iniziale peraltro rappresenta l’incognita del nostro problema, cioè il valore attuale del capitale futuro di € 100,00 che è proprio l’importo che ci serve calcolare (supponendo che oggi sia il 1/1/2008).

Solo nel caso particolare di concordanza tra il “periodo di capitalizzazione” degli interessi e quello della durata complessiva dell’operazione finanziaria si può parlare di interesse semplice o di “regime di capitalizzazione semplice”.

In tutti gli altri casi si parla di interesse composto o di “regime di capitalizzazione composta”.

Potevamo darvi la formula all’inizio, ma noi preferiamo farvi ragionare passo dopo passo perchè vogliamo aiutarvi a comprendere molto bene queste nozioni, in quanto le riteniamo assolutamente basilari per poter gestire qualsiasi problema di finanza personale!

Supponiamo ora che il tasso di interesse rimanga costante tutti e 12 i mesi (il che in molti casi della vita reale non è assolutamente detto!) e che esso sia, poniamo, ad esempio il 5% annuo (nominale).

Allora se io potrò disporre di € 100,00 il 1/1/2009, quale dev’essere la somma che devo investire oggi, 1/1/2008 e che mi rappresenta il valore attuale di un capitale futuro di € 100,00 disponibile tra 1 anno esatto e i cui interessi sono convertibili trimestralmente al tasso annuale nominale del 5% ?

Ci sono 2 modi per risolvere questo problema: o si va per tentativi o si utilizza una formula bella e pronta. Quello che è importante è capire bene il procedimento e comprendere in profondità tutti i vari passaggi ed il significato dei termini impiegati.

Allora se chiamiamo ‘C‘ il capitale iniziale, ‘i‘ il tasso di interesse annuo (nominale, non effettivo!) ed ‘M‘ il montante o valore futuro a scadenza, abbiamo questa equazione:

C x (1 + i/4) + C x (1 + i/4)^2 + C(1 + i/4)^3 + C(1 + i/4)^4 = € 100,00

(dove i/4 è il tasso nominale annuo diviso per 4 trimestri e ‘^’ significa ‘elevato alla ‘n’esima potenza)

Un tasso del 5% deve essere sempre inserito nelle formule come numero frazionale quando viene sommato ad 1:

C x (1 + 0.05/4) + C x (1 + 0.05/4) + C x(1 + 0.05/4) + C x(1 + 0.05/4) = € 100,00

diventa:

    € 100,00
C = ————————
    (1.0125)^4

che equivale a:

    € 100,00
C = ————————
    (1.0509453369 )

cioè a:

     
C = € 95,1524275229
     

quindi la formula generale è:

    M
C = ————————
    (1 + i/n)^n

(dove ‘n‘ sta per il numero di intervalli di capitalizzazione)

Quindi il valore attuale al 1/1/2008, cioè oggi, di un capitale futuro di € 100,00 disponibili il 1/1/2009 (tra dodici mesi) ad un tasso nominale annuo del 5% ed in regime di capitalizzazione composta trimestrale è: € 95,1524275229 (NovantacinqueEuro e quindici centesimi di euro).

Non ci credete? Vediamo allora la prova del nove. Abbiamo portato tutti i dati e relativa soluzione su un foglio di Excel, come mostrato in questa figura, e che potete scaricare direttamente dalla nostra area download qui.