Archivio di luglio 2008

Class action finalmente anche in Italia

mercoledì 23 luglio 2008

La Legge Finanziaria 2008 prevede tra le sue novità la tutela collettiva dei consumatori, realizzata con l’importazione di uno strumento processuale ben noto negli ordinamenti anglosassoni: l’azione collettiva (in inglese: Class Action).

In Italia è partita il 30 giugno 2008, una volta trascorso il termine di centottanta giorni di vacatio legis, previsto dalla Legge Finanziaria.

Il testo originario è stato modificato nel corso dell’iter parlamentare e ha perso per strada alcuni punti fortemente criticati: dal collo di bottiglia della legittimazione attiva, alle norme anti-avvocati sul limite massimo delle spese legali.

Non è passato il punitive damage, e anzi uno dei punti deboli della procedura rimane la quantificazione delle somme da corrispondere al singolo consumatore/ utente, ma l’impianto potrà fornire qualche utilità, alla prova dei fatti.

Mentre negli USA infatti la class action può essere proposta sia a fini risarcitori che punitivi, in Italia, almeno per ora, l’azione collettiva può essere proposta soltanto per ottenere un risarcimento e soltanto su iniziativa di alcuni soggetti autorizzati (associazioni dei consumatori riconosciute dal Ministero delle Attività Produttive).

Si tratta, comunque, di un’opzione in più per il consumatore, che può sempre esercitare l’azione individuale se non vuole aderire all’azione collettiva o intervenire nell’azione proposta.

La procedura prevede, quindi, un soggetto proponente l’azione, al quale gli interessati possono comunicare per iscritto la propria adesione all’azione collettiva. Il limite temporale per l’adesione è l’udienza di precisazione delle conclusioni in appello.

L’associazione o il comitato potrà essere costituito anche per iniziativa di uno studio legale che potrà animare il gruppo dei consumatori allo scopo di avanzare e portare avanti l’azione collettiva.

In qualche misura la posizione dei legali italiani viene avvicinata a quella dei colleghi statunitensi. Attraverso la legittimazione di associazioni e comitati si realizza un sistema di legittimazione potenzialmente diffusa.

Con la versione definitiva si apre la porta alla possibilità di un certo numero di consumatori che si riuniscono e danno mandato ad uno studio legale per essere rappresentati come una singola parte lesa.

Altrettanto a dirsi per lo studio legale che vuole promuovere il processo per poi pubblicizzarlo fra i consumatori, in modo da avere maggiori clienti possibili e quindi più chance di guadagno in caso di esito favorevole. L’oggetto dell’azione collettiva è esclusivamente un accertamento / condanna.

Si tratta di una procedura che ha molte peculiarità: dalla efficacia del giudicato alla procedura di accertamento e quantificazione del diritto.

L’oggetto dell’azione è innanzi tutto l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti.

Il risarcimento del danno può avere molteplice giustificazione. La pretesa collettiva può trovare la propria fonte in un contratto commerciale o una fonte extracontrattuale o può essere basata su pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali.

Ad esempio un cartello tra imprese determina un incremento artificiale del prezzo pagato da ciascun utente che non si sarebbe verificato in regime di libera concorrenza di mercato: è un caso tipico da class action.

Il presupposto della class action è comunque la lesione contestuale dei diritti di una pluralità di consumatori.

Surrogazione delle ipoteche su mutui

mercoledì 23 luglio 2008

La legge 40/2007 (nota anche come Bersani bis) concede al consumatore che ha stipulato a suo tempo un mutuo per l’acquisto dell’abitazione la possibilità di trasferire il mutuo da una banca a un’altra senza pagare costi notarili legati all’ipoteca sull’immobile oggetto del finanziamento.

Prima dell’entrata in vigore della legge la procedura era più complicata: bisognava estinguere il vecchio mutuo, cancellare l’ipoteca sull’immobile, chiedere il nuovo finanziamento all’altra banca, pagare i costi di istruttoria e di perizia e l’imposta sul nuovo finanziamento, oltre alle spese notarili per il nuovo mutuo e per l’iscrizione di una nuova ipoteca.

Era necessario un doppio intervento del notaio, con il conseguente raddoppio dei costi. Il provvedimento Bersani stabilisce che il mutuo può essere trasferito senza formalità e, soprattutto, senza oneri.

Da un punto di vista giuridico si tratta del cosiddetto diritto di surrogazione (cioè sostituzione) della parte attiva di un negozio, cioè quella parte che ha fornito la prestazione.

Nel caso del contratto di mutuo, si tratta della sostituzione del mutuante (la Banca). La surrogazione può avvenire per volontà del creditore, il quale, ricevendo un pagamento da un terzo, può dichiarare espressamente di volerlo far subentrare nei propri diritti verso il debitore (art.1201 cod. civ.); oppure la surrogazione può avvenire per volontà del debitore il quale, prendendo a mutuo una somma di denaro al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nella posizione del creditore (art.1202 cod.civile).

Da notare che l’art.1202 prevede espressamente che il debitore (il mutuatario) può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo.

La surrogazione è particolarmente rilevante per quanto riguarda le garanzie, che nel caso del mutuo si riferiscono in particolare alle ipoteche (di primo e secondo grado) gravanti sull’immobile a favore della banca o dell’istituto o ente che ha erogato il mutuo.

La differenza tra surrogazione e cessione riguarda il fatto che la prestazione sia già avvenuta completamente (primo caso) oppure no (nella cessione).

Chi ha stipulato qualche hanno fa un mutuo a tasso variabile ha visto crescere la rata mensile in maniera costante, in particolare durante gli ultimi tempi.

Osservando l’andamento medio dei tassi degli ultimi cinque anni, il 2007 si è infatti caratterizzato come il periodo durante il quale si sono registrati i maggiori innalzamenti dei tassi sui finanziamenti.

Per questo motivo, trasferire il mutuo in una banca che applica condizioni migliori dovrebbe essere un diritto effettivo e tutelato del consumatore. Le banche però sembrano fare resistenza almeno in questa prima parte del 2008, applicando spese onerose a chi vuole cambiare banca o addirittura richiedendo un atto notarile per modificare la trascrizione delle ipoteche sul mutuo.

Con la legge 40/2007 si è cercato di mettere un freno a queste distorsioni. All’interno del problema più generale della portabilità dei mutui, la surrogazione delle ipoteche va proprio in questo senso: il finanziamento deve poter essere trasferito senza ulteriori spese notarili.

La surrogazione infatti, nello spirito del codice civile, serve proprio ad evitare di dover stipulare un nuovo contratto con tutti gli oneri connessi. Non si vede quindi come le banche possano pretendere il passaggio dal notaio, visto che l’ipoteca e il contratto di mutuo restano quelli originari e non hanno bisogno quindi di essere estinti in alcun modo.

L’articolo 8 della legge 40/2007 parla chiaro: la surrogazione deve avvenire senza formalità e senza oneri per il cliente. L’operazione è semplice: si tratta infatti di trasferire un’ipoteca già iscritta nei registri immobiliari.

Per farlo è sufficiente consegnare alla nuova banca una copia autentica del documento di surrogazione, che può essere redatto anche tramite scrittura privata, quindi senza l’intervento di un notaio.

Analisi tecnica di un fondo di investimento con Excel

mercoledì 23 luglio 2008

Si parla tanto di Fondi comuni come dei servizi finanziari del futuro. Vediamo cosa sono e, soprattutto, come poterli tenere sotto controllo utilizzando alcuni degli strumenti di analisi tecnica offerti da Excel

Strutturati in varie tipologie tecniche, i Fondi comuni di investimento sono una sorta di cassa collettiva formata dai versamenti dei risparmiatori, vi confluiscono per essere investiti in maniera unitaria in un portafoglio composto prevalentemente da azioni e obbligazioni.

I risparmiatori possono sottoscrivere le quote e acquisire un diritto su una parte del patrimonio del fondo nella speranza che questo cresca,

In gestore professionale, in possesso delle conoscenze tecniche, e che il più delle volte è individuabile in un comitato digestione, si occupa di operare le più opportune scelte d’investimento per conto dei risparmiatori.

Qui subentra la caratteristica di questo servizio finanziario, dalla quale deriva il nome Fondo comune d’Investimento.

La Società di gestione, che ha ben definite caratteristiche previste dalla Legge, mette insieme il capitale di tutti gli investitori in un fondo comune, e gestisce il tutto come se si trattasse di un unico patrimonio.

Oggi i Fondi Comuni più piccoli gestiscono qualche decina di milioni di euro, per arrivare ai più grossi che arrivano a gestire anche miliardi di euro.

Tra gli organismi di investimento collettivo si possono individuare le Sicav (Società di Investimento a Capitale Variabile), società per azioni aventi per oggetto la gestione di un portafoglio di valori mobiliari, caratterizzate dalla variabilità del capitale sociale.

I risparmiatori che investono in questa forma di risparmio assumono la veste di azionisti e non quella di sottoscrittori.

Il Fondo Comune si può caratterizzare, in funzione della tipologia di titoli su cui investe, in Monetario, Obbligazionario, Bilanciato e Azionario.

L’unico tipo di Fondo su cui è pensabile investire delle somme anche per brevi periodi è il Fondo Monetario che difficilmente può subire perdite ma altrettanto difficilmente può offrire rendimenti entusiasmanti.

La sua politica di investimento è volta verso titoli obbligazionari (Titoli di Stato; Obbligazioni) con scadenza residua inferiore ai ventiquattro mesi.

Tutti titoli, cioè, che garantiscono un rendimento. Anche i Fondi Obbligazionari, come i Monetari, investono, in via prevalente, in titoli del mercato obbligazionario.

Quasi tutti i fondi obbligazionari, però, prevedono la possibilità per il gestore di investire una piccola percentuale del patrimonio in titoli del mercato azionario, il che offre un rischio maggiore.

Nei Fondi Bilanciati la politica di investimento è volta a perseguire una bilanciata ripartizione del portafoglio, tra titoli azionari e titoli del mercato obbligazionario.

Ad una solida base di investimenti a reddito fisso, viene abbinata una componente, quella azionaria, a più alto rischio. Infine, i FondiAzionari investono prevalentemente in titoli del mercato azionario.

Quasi tutti i Fondi di questa specie, però, hanno la possibilità di investire una piccola percentuale del patrimonio in titoli obbligazionari. Si tratta certamente del fondo d’investimento più a rischio.

Importare le serie storiche a fare analisi tecnica con Excel

In commercio, o disponibili su Internet, esistono software appositamente pensati per l’Analisi Tecnica dei titoli azionari. Le analisi garantite da questi tool, oltre che interessanti e professionali, possono essere di difficili da comprende e utilizzare per il profano.

Le analisi che riusciremo ad eseguire con Excel potranno non essere altrettanto complesse ma avranno il vantaggio di essere più facilmente comprensibili e potranno essere adattate a qualsiasi esigenza.

Il modo più semplice per importare in Excel i dati riguardanti un determinato fondo da un sito di informazione finanziaria, e poterli successivamente aggiornare, consiste nel creare una query web all’interno di un foglio di lavoro.

In questo modo, Excel si connette alla pagina desiderata, nella quale è possibile selezionare la tabella contenente le informazioni volute, e importare queste ultime nel foglio, impostando un collegamento tra l’elenco locale e l’origine posta in rete.

In qualsiasi momento si può eseguire l’aggiornamento dei dati, configurando l’operazione per l’avvio automatico ad ogni successiva apertura del file. Nel nostro caso si è scelto di importare in Excel le quotazioni giornaliere del fondo americano ABN AMRO Holding NV ADS (ABNYY.PK) , osservate per un periodo di novanta giorni.

Per la creazione della query web utilizziamo la sezione Finanza di Yahoo. Analizzeremo come esempio le quotazioni del fondo ABN AMRO Holding NV ADS dal 24 aprile 2008 al 23 luglio 2008.

Aprire il file xls in cui importare i dati. Cliccare su Dati/Importa dati esterni/Nuova query web. Per default nella casella Indirizzo della finestra, appare l’indirizzo della pagina iniziale del browser (vedi figura1).

Avviare la connessione. Sovrascrivere l’URL predefinito con:

http://it.finance.yahoo.com/q/hp?s=ABNYY.PK

nella cui pagina viene riportata la quotazione storica del fondo, selezionare l’intervallo date (12/3/2008 – 13/6/2008) e fare clic su Vai.

Appare la pagina di Yahoo con le informazioni cercate. Accanto ad ogni tabella che compone la struttura HTML della pagina appare una freccia.

Fare clic sulla freccia posta accanto allatabella che racchiude i dati relativi ai prezzi del fondo, e riporta le intestazioni Data, Apertura, Massimo, Minimo, Chiusura, Volumi, e Chiusura aggiustata.

La freccia su sfondo giallo si trasfoma in un segno di spunta su sfondo verde. Ciò significa che la tabella è selezionata e che il suo contenuto è pronto per essere trasferito in Excel.

Cliccare su Importa. Compare la finestra Importa dati, che permette di specificare se importare i dati selezionati nel foglio di lavoro attivo, scegliendone la cella di destinazione (che per default è A1), oppure in un foglio nuovo (figura 2).

Optando perla prima soluzione, nella cella Al appare il testo:
hp?s=ABNYY.PK&b=24&a=3&c=2008&e=23&d=O6&f=2008&g=d: estrazione del dati In corso…

I dati importati appaiono nel foglio a partire dalla cella A1.

Selezionare l’intrvallo A1:F67 e organizzare il contenuto in ordine crescente (Dati/Ordina).

La barra dati esterni consente di gestire la query. Cliccando su Modifica query si apre la finestra omonima in cui è possibile cambiare i dati di origine o, dal pulsante Salva query, salvare quest’ultima come file .iqy.

Una delle tecniche di Analisi Tecnica più apprezzate per la precisione e la semplicità di interpretazione è il Japanese Candlestick, o grafico a candela.

In esso l’oscillazione nell’unità di tempo non è rappresentata da una linea verticale come nel grafico a barre, ma da una figura, Candle-Line, formata da un corpo centrale, Real-Body, che simboleggia l’escursione di prezzo tra l’apertura e la chiusura, e da due prolungamenti.

Quello superiore raffigura i prezzi massimi del periodo (Upper Shadow), quello inferiore i prezzi minimi (Lower Shadow).

Sela candela è bianca, vuol dire che i prezzi di chiusura superano quelli di apertura (mercato Bullish o rialzista), se è nera, indica il contrario (mercato Bearish o ribassista).

In Excel sono disponibili quattro grafici di questo tipo, che tengono conto di serie di quotazioni diverse.

Per rappresentare l’andamento di un fondo con la tecnica candle-stick, i dati relativi a volume di scambi, quotazioni di apertura, prezzo massimo, minimo e di chiusura vanno disposti su di un foglio di lavoro esattamente in questo ordine.

Nell’elenco creato con la query web spostare la colonna Volumi (F) prima di Apertura (B). A seconda del grafico, i valori richiesti variano.

In questo esempio creiamo un grafico azionario che usa tre serie. Selezionare le colonne Data, poi Massimo, Minimo e Chiusura tenendo premuto il tasto [Ctrl] e cliccare su Creazione guidata grafico.

Nella finestra del primo passaggio, scorrere la barra verticale in “Tipo di grafico” fino a trovare Azionario, e farvi clic sopra. Selezionare il primo sottotipo da sinistra e fare clic su Avanti.

Nella quarta schermata premere Fine per inserire il grafico nel foglio. Anche se questo tipo di grafico azionario utilizza linee verticali anzichè “candele” come indicatori, raffigura i prezzi rilevati nello stesso modo.

Il punto più alto della linea indica il prezzo massimo del periodo, quello più basso il prezzo minimo. I trattini orizzontali rappresentano il prezzo di chiusura.

Il secondo sottotipo produce il classico grafico a candlestick. Selezionare Data e, tenendo premuto [Ctrl], trascinare il mouse sulle colonne Apertura, Massimo, Minimo e Chiusura.

Creare il grafico. Sulle linee appaiono dei rettangoli, i candle-line, il cui lato superiore raffigura il maggiore tra i prezzi di apertura e chiusura, mentre il lato inferiore indica il prezzo più basso.

I colori predefiniti del candle-stick, bianco e nero, possono essere modificati nella finestra formato, cliccando col tasto destro sui rettangoli.

Nel caso delle forme bianche il comando è formato barre crescenti, mentre facendo clic destro sui rettangoli neri appare formato barre decrescenti. Con questo metodo si può anche modificare il formato delle linee Min-Max.

Il terzo ed il quarto sottotipo di grafico azionano previsti da Excel rappresentano, oltre ai prezzi di un fondo, anche i volumi registrati in una giornata finanziaria, ovvero il numero di scambi effettuati in tale periodo relativamente al titolo.

Per produrre un grafico del terzo tipo, selezionare le colonne Data, Volumi e, tenendo premuto [Ctrl], Massimo, Minimo e Chiusura.

Questo sottotipo combina un grafico azionario a linee di Min-Max, che rappresenta prezzi massimi, minimi e di chisura del fondo, con un istogramma collocato lungo l’asse delle categorie, che elabora i volumi di scambio.

Ogni barra può essere colorata in modo diverso, cliccando col tasto destro su di una di essa e scegliendo Formato serie dati / Opzioni / Varia colore per dato.

Il quarto tipo di grafico azionario richiede la selezione di cinque serie di quotazioni, quindi, tutte le colonne: Data, Volumi, Apertura, Massimo, Minimo e Chiusura (vedi figura 3).

In esso sono accostati un grafico azionario candle-stick ed un istogramma.

Se gli indicatori di colonna raffiguranti la serie dei volumi coprono le barre decrescenti, possiamo modificare il riempimento per distinguerle.

Se con i grafici azionari è possibile evidenziare nell’andamento di un fondo i momenti di crollo o di impennata, con il calcolo della “media mobile”, si possono percepire i segnali di acquisto o di vendita, poiché essa appare sempre al di sotto del prezzo quando il trend è crescente, e al di sopra se è decrescente.

Il passo successivo della nostra analisi consiste quindi nell’implementare nel foglio di lavoro il calcolo delle medie mobili a cinque, dieci e venti giorni, in tre colonne aggiuntive. L’orizzonte temporale deve essere sufficientemente lungo per aumentare la significatività del calcolo con differenti “ritardi”.

In un’altra colonna immetteremo una serie di funzioni condizionali per ottenere la visualizzazione dei suggerimenti di azione da intraprendere: acquistare, vendere, o restare in attesa.

1. Eliminare il contenuto della colonna H (Chiusura aggiustata), non necessario. Intestare quindi le colonne G, H ed I rispettivamente con le etichette MM5gg, MM10gg e MM2Ogg.

Inserire nella cella G6 la formula: =MEDIA(F2:F6) e ricopiarla facendo clic sul quadratino di riempimento e trascinando il mouse fino all’ultima cella corrispondente alla serie dei prezzi, nel nostro caso G65.

2. Ripetere l’operazione per le colonne H ed I, considerando che, in questi casi, il ritardo è di 10 e 20 giorni. Nella cella H11 digitare =MEDIA(F2:F11) ed in I21 =MEDIA(F2:F21).

Trascinare le formule fino alle ultime celle, H65 per la media a dieci giorni, e I65 per quella a venti. Selezionare gli intervalli A1:A65 (Data) e tenendo premuto [Ctrl], F65 e G65 (Chiusura e MM5gg).

3. Fare clic su Creazione guidata grafico e nel riquadro Tipo di grafico scegliere il modello Linee del primo tipo. Premere Avanti nei tre passaggi della procedura. Nel quarto selezionare l’opzione Crea nuovo foglio e premere Fine.

Cliccare col tasto destro sull’asse dei valori del grafico e, nella scheda Scala della finestra Formato asse, digitare 20 nella casella Valore minimo.

4.Produrre altri due grafici similari, su due nuovi fogli, per visualizzare le medie mobili a 10 e 20 giorni, utilizzando rispettivamente l’intervallo H1:H65 e I1:165, insieme a quelli corrispondenti a Data e Chiusura. Collegare le selezioni multiple tenendo premuto il testo [Ctrl].

In entrambi i grafici impostare a 20 il valore minimo nella scheda Scala del formato asse dei valori.

5. Visto il brevissimo ritardo considerato, si può notare come le risposte del grafico siano molto più “mosse” in caso di media mobile a cinque giorni, che non di media mobile a ventigiorni. Il modello suggerisce come comportarsi in relazione alla posizione della media mobile rispetto alla serie dei prezzi: acquistare nei momenti Bear (Orso) vendere nei momenti Bull (Toro) o restare in attesa.

6. Da Excel può venire un ulteriore aiuto in questo senso, con una serie di formule condizionali che restituiscano suggerimenti automatici corrispondenti all’andamento del mercato. Aggiungeremo alla destra di ognuna delle tre colonne riservate alle medie mobili, G, H ed I, una colonna nuova chiamata “Suggerimento”. Premere [Ctrl] e selezionare la colonna H e la colonna I.

7. Fare clic col tasto destro sulla selezione e dal menu scegliere Inserisci. L’intervallo intestato MM10gg viene spostato nella colonna I, e quello relativo alla media mobile a 20 giorni si situa nella colonna K. In H1, J1 ed L1 digitare Suggerimento.

Selezionare l’intervallo L21:L65, e, tenendo premuto [Ctrl], procedere a selezionare anche gli intervalli J11:65 e H6:H65.

8. In H6 inserire la formula seguente:

=SE(F6<G6;F7>G7);”Acquista”,SE(F6>G6;F7<G7);”Vendi”;”Stand-by”))

Premere [Ctrl] + [Invio]. La formula appare nelle celle selezionate.

Per poter aggiornare i dati dal Web, e non dover rifare il lavoro ad ogni connessione, ricopiare in un altro foglio i dati importati (insieme alla query), ed eliminare dai primi la definizione query (da Proprietà intervallo dati).

Certificati di credito zero coupon bond

mercoledì 23 luglio 2008

I CTZ ( o Certificati di credito del Tesoro Zero Coupon Bond)  sono per il risparmiatore dei veri e propri BOT, ma con la scadenza massima portata a 18 o 24 mesi, che il Tesoro ha creato nel 1995 allo scopo di allungare i tempi di restituzione del denaro ai pubblico.

I CTZ, pur offrendo di fatto la medesima sicurezza del BOT, molto apprezzata dal risparmiatore, possono essere convertiti in liquidità facilmente, essendo il loro valore quotato al MOT – Mercato Obbligazionario Telematico ed inoltre risentono molto poco di eventuali oscillazioni dei tassi d’interesse.

Lo Stato li cede attraverso il meccanismo d’asta (una per la scadenza 18 mesi e un’ altra per quella a 24) agli intermediari finanziari, che poi li rivendono al pubblico in tagli di 1000 euro o multipli.

Come i BOT essi sono titoli al portatore, che non sono stampati ma trattati esclusivamente in forma elettronica.

L’interesse globale che lo Stato paga nei due anni di vita massima di questo titolo è dato dalla differenza tra il valore nominale del CTZ alla data di scadenza e il prezzo di emissione iniziale.

Il guadagno netto che il risparmiatore riceve da questo investimento è dato dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita, su cui paga l’imposta a suo carico e le spese dell’intermediario, che sono allo 0,15%, quasi al livello dei BOT.

Essendo titoli di Stato a medio periodo, i prezzi in questione dipendono sia da quanti giorni il risparmiatore possiede il titolo, sia dall’ andamento del mercato finanziario, che in parte influisce sui livelli dei prezzi quotati giornalmente.

Infatti se i livelli iniziale e finale sono fissati durante l’asta, per cui chi detiene il titolo per tutta la sua durata non è sottoposto a rischi di mercato in quanto il guadagno complessivo lordo è fissato fin dall’inizio, chi detiene il titolo per una parte soltanto della sua vita può acquistare e vendere a un livello di prezzo diverso da quello del gradino matematico prima descritto nel paragrafo dei BOT.

La quotazione del CTZ è più bassa del livello del gradino matematico se il tasso d’interesse richiesto dal mercato per possedere quei titoli di Stato è più alto di quello fissato in sede di emissione e, viceversa, è più alta se il tasso d’interesse del mercato è più basso di quello d’emissione.

Il CTZ si rivela un buon titolo per il risparmiatore che si attende, dalle condizioni economiche dell’Italia o dell’Europa un futuro calo dei tassi d’interesse di mercato o un loro ristagno ai livelli correnti, ma che anche non vuole sbilanciarsi comperando titoli con durate troppo lunghe come quelle dei BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) per essere sempre pronto a seguire l’eventuale rialzo del costo del denaro in una fase economica successiva.

La funzione REND() di Excel

mercoledì 23 luglio 2008

Una delle variabili chiave di qualunque scelta di investimento è il tasso di rendimento annuo atteso, per esempio di una obbligazione.

Il tasso di rendimento di un’obbligazione non ha niente a che vedere con il tasso nominale, poichè esso dipende da diverse variabili, come ammontare e durata delle cedole, prezzo effettivo, durata residua, ritenuta fiscale, ecc.

Il valore di rimborso coincide solitamente con quello nominale ed è quindi pari a 100. Naturalmente il tasso di rendimento dell’obbligazione sarà diverso se la si tiene fino a scadenza oppure se la si vuole cedere prima al prezzo di mercato.

Prendiamo un esempio concreto. Una obbligazione decennale di Euro 100,00 nominali, emessa il 15/11/2006 e con scadenza quindi 15/11/2016, con 2 cedole semestrali, pagabili il 15/5 e il 15/11 di ogni anno e con tasso nominale annuo di interesse del 5,75%, è quotata sul mercato telematico al prezzo di Euro 97,04287 in data 15/2/2008.

Vogliamo calcolare il rendimento immediato ed il rendimento effettivo a tale data, nell’ipotesi che l’obbligazione sia stata acquistata all’emissione e che il prezzo di liquidazione finale coincida con la quotazione del 15/2/2008.

Il Rendimento immediato non è altro che il rapporto tra interesse annuo al netto della ritenuta fiscale e prezzo corrente dell’obbligazione

  Nominale x tasso * (1 – aliquota fiscale/100)
Rendimento immediato = —————————————————————–
  Prezzo corrente

quindi nel nostro caso:

  100 x 5,75% * (1 – 12,50/100)  
Rendimento immediato = ————————————————– = 5,18%
  97,04287  

Per calcolare invece il Rendimento effettivo facciamo invece uso della funzione REND() di Excel, la cui sintassi è la seguente:

=REND(data_liquidazione;data_scadenza;tasso;prezzo; prezzo_rimborso;num_rate;base)

I valori data devono essere inseriti correttamente altrimenti Excel ritorna un errore. Formattare le caselle come valori data o utilizzare la funzione DATA. VALORE(“GG/MM/AAAA”)

Il tasso è quello nominale annuo utilizzato per calcolare le cedole (al netto della ritenuta fiscale). Il prezzo è quello di liquidazione, il prezzo di rimborso è normalmente pari al nominale quindi è pari a 100, num_rate è il numero delle cedole annuali, quindi nel nostro caso vale 2 ed infine base è un parametro che indica a Excel come considerare il computo dei giorni: 0 sta per 30/360.

Nell’esempio quindi la funzione REND() deve restituire il valore:

=REND(DATA.VALORE(“15/02/2008”;DATA.VALORE(“15/11/2016”; 0,0575 * (1 – 0,1250);97,04287;100;2;0)

= 5,46% (figura 1)

La differenza tra i 2 indicatori è la seguente: mentre il tasso di rendimento immediato prende in esame soltanto gli interessi correnti, quello effettivo considera anche le future variazioni di prezzo (e quindi le possibili perdite o guadagni in conto capitale) fino alla scadenza dell’obbigazione.

La funzione REND() misura quindi il rendimento effettivo di qualunque investimento finanziario ed ha la particolarità di potere essere applicata a qualunque data dell’anno, quindi anche non coincidente con le date in cui vengono pagate le cedole.

Nella cartella esempio di Excel, scaricabile qui, abbiamo inserito per confronto anche la funzione TASSO() riferita sia alla data della prima cedola (15/5/2008) che alla seconda (15/11/2008). Naturalmente il prezzo sarà diverso in queste 2 precise date, mentre nell’esempio si fa riferimento sempre alla quotazione del 15/2/2008.

Entrambe le funzioni tengono conto di tutti i flussi di cassa relativi all’investimento, attuali e futuri, la funzione TASSO() può essere riferita soltanto alla data di pagamento cedola, mentre la funzione REND() misura il rendimento effettivo dell’obbligazione in qualunque data dell’anno sulla base dell’ultimo prezzo disponibile.

Carte di credito revolving

lunedì 21 luglio 2008

Una sicura novità nel mondo delle carte di credito è stata l’introduzione della carta revolving, traduzione letterale a rotazione, cioè di una carta di credito il cui fido (da 1 .250 a 5.000 euro, a seconda della politica dell’emittente e dell’importanza del cliente) si rinnova a cadenza mensile.

Infatti il titolare paga qualsiasi acquisto con la carta e l’importo viene addebitato non in unica soluzione ma in rate dell’importo che il titolare stesso ha scelto, a partire da un minimo di soli 25 euro al mese (di capitale più interessi).

Un esempio: se un titolare di una carta revolving, con un limite di spesa di 2.500 euro al mese, effettua un acquisto per 800 euro e ha rate mensili fissate a 200 euro, il mese successivo rimborserà i primi 200 euro più gli interessi e il suo debito scenderà a 600 euro.
Nello stesso istante il massimo credito disponibile è divenuto pari a 1 .900 euro (il limite di spesa mensile meno il debito residuo, cioè 2.500 — 600 euro), che il titolare della carta potrà spendere come vuole, iniziando a pagare sempre dal mese successivo e pagando in totale non oltre 200 euro al mese.

E questa la differenza delle carte revolving rispetto alle altre carte bancarie: il rimborso è comunque a importi fissi mensili indipendentemente dalla somma da restituire, in ogni caso inferiore al limite di spesa prefissato.

In questo modo si è creato un meccanismo di credito al consumo che, a differenza delle tradizionali vendite rateali, ha il grande vantaggio di non richiedere istruttoria, né busta paga, né dichiarazione dei redditi.

Il commerciante che accetta il pagamento con la carta potrebbe anche non sapere che il rimborso avverrà a rate.

Questo rappresenta un indiscutibile passo in avanti per la tutela della privacy del consumatore in quanto non discrimina chi può spendere di più da chi non può fare altrettanto.

L’utilizzo della carta di credito revolving o rateale è esploso a partire dagli anni 2000 e riguarda essenzialmente l’acquisto di auto, moto, elettronica, elettrodomestici, mobili.

Un problema delle carte revolving è la presenza di clausole vessatorie nei contratti. Molte di queste clausole, tra l’altro, sono presenti anche nei contratti delle carte di credito tradizionali.

Innanzitutto, ai fini della responsabilità in caso di controversie, va sostanzialmente ribaltata l’attuale prassi secondo cui è il consumatore a richiedere il servizio e l’ente emittente quello obbligato a osservarne le regole, come se fosse il consumatore a stabilire le clausole contrattuali, mentre è vero l’esatto contrario.

Sicuramente vessatorie sono anche le clausole, presenti in molti contratti, che riguardano il recesso e trattano le due parti in causa in maniera squilibrata: prevedono infatti tempi di preavviso lunghi quando è il consumatore ad andarsene, mentre l’emittente può decidere di rompere il contratto come e quando gli pare, anche senza un congruo preavviso.

Anche altre clausole presentano uno squilibrio tra consumatore ed ente emittente, ovviamente sempre a favore di quest’ultimo.

Stiamo parlando delle questioni legate alla restituzione della parte di canone annuale relativa al periodo successivo al recesso o del momento in cui si conclude ufficialmente il contratto.

Ma non finisce qui: grandi ambiguità possono essere evidenziate anche rispetto alle clausole che regolano la possibilità dell’ente emittente di cambiare le condizioni
economiche del contratto.

Come si vede, gli aspetti cui bisogna mettere mano sono tanti: oltre a clausole più o meno palesemente vessatorie, ce ne sono altre decisamente poco chiare, che
lasciano troppo margine all’interpretazione e quindi non tutelano il consumatore.

Le carte revolving sono carte di credito particolari, che permettono di pagare le spese rateizzando gli estratti conti. Si tratta di un vero e proprio strumento di finanziamento: il titolare ha a disposizione una linea di credito utilizzabile in qualsiasi momento.

In pratica, l’importo di un acquisto pagato con la carta revolving non viene addebitato sul conto corrente del titolare tutto in una volta, ma a rate mensili.

Queste rate servono a ricostruire il credito da cui potrete attingere. Ogni mese al titolare viene inviato l’estratto conto, che riepiloga le spese fatte con la carta, l’utilizzo del credito, la rata addebitata e il fido di nuovo disponibile.

Ognuno di questi estratti conto ha in media un costo di invio di 1,23 euro; per quelli superiori a 77,47 euro è prevista anche un’imposta di bollo di 1,81 euro.

Occorre stare attenti alle trappole: in troppi contratti revolving sono presenti clausole vessatorie e che quindi dovrebbero essere eliminate.

Le carte revolving vengono promosse dalle banche e dalle finanziarie, perché sono per loro più redditizie delle carte tradizionali: rateizzare gli addebiti aumenta gli interessi che finiscono nelle casse degli intermediari.

Secondo alcune rilevazioni della Banca d’Italia il tasso medio di interesse delle revolving per un credito fino a 1.500 euro può superare il 16% annuo, quindi decisamente troppo elevato.

Oltre alle revolving pure, sul mercato sono presenti anche carte “option”, che a scelta del titolare permettono il pagamento delle spese sia in un’unica soluzione sia a rate.

Trasferire un titolo da una banca all’altra

lunedì 21 luglio 2008

Le banche applicano i costi di trasferimento titoli in base a vari criteri. Il criterio più costoso è quello che fa riferimento al codice di titolo: anche se tutto ciò che si possiede sono CCT (Certificati di Credito del Tesoro), basta che questi siano diversi per il codice (per esempio IT0000791853 e IT0000791215) per dover pagare la tariffa due volte.

Un pò meno costoso è il criterio che si basa sul nominativo: per esempio si paga due volte se si hanno obbligazioni di due diverse società , ma non se si hanno due emissioni della stessa società.

Ancora meno cara è l’applicazione a seconda della specie del titolo: per esempio, se si hanno sia CCT sia azioni italiane si paga due volte, ma una sola volta per qualunque genere di azioni italiane.

C’è poi un altro metodo, non confrontabile con i precedenti perchè può essere più o meno salato a seconda dei casi: si tratta del pagamento in base al valore dei titoli (per esempio si stabilisce l’1% sul valore nominale trasferito).

L’elenco di questi criteri dà un’idea della ragnatela creata dalle banche per spillare denaro ai clienti che intendono trasferire i propri titoli.

Più o meno cari, i metodi sono comunque tutti eccessivamente esosi e ingiustificati. Tanto più che ormai i titoli sono quotati in mercati regolamentati e sono dematerializzati (cioè virtuali, nel senso che non sono documenti cartacei veri e propri), quindi assolutamente trasferibili per via informatica.

Per gli investitori assidui, il trasferimento titoli presenta anche un altro inconveniente: da quando viene dato l’ordine di trasferimento a quando i titoli sono disponibili sul nuovo conto passa del tempo, da un minimo di qualche giorno a un massimo non precisato.

Durante tale periodo i titoli sono indisponibili: come si fa a vendere un titolo, se non si sa dove questo si trovi e a chi dare l’ordine?

E’ difficile persino capire di chi sia la responsabilità dei ritardi: della banca vecchia, che indugia nel comunicare alla Monte Titoli l’ordine?

Della Monte Titoli, che ritarda ad avvisare la banca nuova dell’avvenuto cambiamento? Della banca nuova, che non comunica tempestivamente la disponibilità al cliente?

L’unica cosa certa è che in caso di crollo delle quotazioni proprio in quel periodo, il cliente rimarrebbe impotente a guardare il titolo mentre si deprezza, senza poterlo vendere.

Mercato titoli primario e secondario

lunedì 21 luglio 2008

Premessa indispensabile ad ogni discorso sui titoli è ricordare che il mercato di tutti i valori mobiliari si distingue in due grandi comparti, chiamati a svolgere diversi ruoli ed in cui operano diversi protagonisti. Si distingue infatti un:

a) mercato primario o mercato del collocamento;

b) mercato secondario o mercato della circolazione.

Vediamo separatamente le diverse caratteristiche dei due mercati.

Mercato primario

Quando un ente o una società ha bisogno di capitali e decide di ricorrere al mercato mediante emissione di titoli, azioni od obbligazioni, la prima domanda da porsi è: il mercato assorbirà l’emissione? E se sì, a quali condizioni?

Si entra così nella fase più delicata, quella del “design” dei nuovi titoli, che deve essere fatto tenendo conto delle condizioni del costo del denaro, della liquidità complessiva, delle propensioni d’investimento e cosi via.

Collocare nuovi titoli significa piazzare tutti i certificati emessi, ricavando il controvalore stabilito. Ciò avviene appunto sul mercato primario, il mercato in cui si incontrano domanda ed offerta di titoli “nuovi”, nella fase di collocamento.

L’offerta di titoli proviene da enti e società; la domanda proviene sia da investitori istituzionali (banche, compagnie di assicurazioni, finanziarie, eccetera) sia da investitori privati (risparmiatori alla ricerca di occasioni d’impiego del risparmio).

L’emissione di obbligazioni avviene in genere ricorrendo ad un consorzio di banche incaricate non solo di collocare i titoli presso il pubblico (tramite la loro rete di sportelli) ma anche di garantire l’emittente che tutti i titoli saranno venduti, qualunque sia l’accoglienza loro riservata dai risparmiatori.

In questa fase il il consorzio assume “a fermo” (cioè per intero e a condizioni prefissate) le obbligazioni; il pubblico le sottoscrive al prezzo stabilito (pari a quello di cessione al consorzio, più la provvigione, in genere oscillante intorno all’1 % del nominale).

L’emissione di azioni avviene invece normalmente con offerta agli azionisti (che godono il diritto di opzione) che sono chiamati a pagare in contanti i nuovi certificati emessi.

Il mercato primario dunque è:

• costituito da emittenti di titoli nuovi e da sottoscrittori,

• creatore di liquidità a favore dell’emittente grazie alla raccolta di fondi freschi.

Mercato secondario

Quando un risparmiatore ha bisogno di fondi e decide di disfarsi dei suoi titoli non ha che una via: trovare qualcuno disposto a subentrare nel possesso, sborsando un prezzo per acquistarli.

Una delle caratteristiche più positive dei valori mobiliari è proprio quella della loro elevata disponibilità alla circolazione senza eccessive formalità e senza tempi eccessivamente lunghi.

L’unica formalità (imposta dalla legislazione fiscale) è quella di dare un ordine ad un intermediario (una banca, una SIM od un agente di cambio).

Quanto ai tempi, se si tratta di titoli quotati in borsa, il venditore può entrare in possesso del controvalore nei tre giorni successivi alla vendita e alla consegna dei certificati (nel caso di obbligazioni) o nei 5 giorni successivi (nel caso di azioni).

Ciò avviene sul mercato secondario (di cui la borsa e l’espressione più efficiente), il mercato in cui si incontrano domanda e offerta di titoli “vecchi”, già emessi e collocati.

L’offerta di titoli proviene da investitori che ritengono opportuno smobilizzare il loro portafoglio titoli; la domanda proviene invece da investitori che ritengono opportuno acquistare quei titoli per impiegare convenientemente i loro fondi liquidi.

Lo scambio di valori mobiliari e di capitali liquidi avviene tra le due controparti (venditore e compratore) senza alcun intervento dell’emittente, che resta assolutamente estraneo a questo contratto e non trae alcun beneficio, né subisce alcuna perdita.

E in una posizione del tutto neutrale; e d’altronde alle GENERALI poco importa se le sue obbligazioni sono in mano a Tizio oppure a Caio, dal momento che ha a suo tempo ottenuto (magari da Sempronio, originario sottoscrittore) i capitali che desiderava.

La circolazione dei titoli sui mercato, in sostanza, non altera gli equilibri finanziari delle aziende che sono interessate soprattutto a un attivo ed efficiente mercato primario (in quanto è da esso che ottengono i fondi) e non ad un dinamico mercato secondario.

In verità anche gli emittenti hanno tutto l’interesse ad una borsa attiva, in quanto ciò rende più appetibili i titoli (se il mercato secondario languisse come è avvenuto per molti anni diverrebbe, alla lunga, difficile anche il collocamento sul mercato primario).

In sostanza dunque il mercato secondario è:

– costituito da venditori e compratori di titoli vecchi
– distributore di liquidità, trasferita dai compratori ai venditori.