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Consolidamento dei debiti e sovra-indebitamento

lunedì 14 luglio 2008

Secondo un recente studio della Banca d’Italia l’indebitamento delle famiglie italiane è salito dal 18% al 30% del Pil. Non siamo ancora come gli americani, ma le cifre del credito al consumo nel nostro Paese sono da boom: nel 2006 il volume è stato pari a 85 milioni di euro, il 25% in più rispetto al 2005, mentre nel 2007 è cresciuto ancora ma ad una velocità meno marcata (+11,7% sul 2006)

Mutuo e prestiti finalizzati (per comprare l’auto, la moto, il computer, le vacanze), il rischio di non riuscire a far fronte ai debiti è sempre più concreto. Basta un imprevisto (una malattia, la perdita del lavoro, spese non programmate) per entrare nel tunnel dell’insolvenza.

Di fronte al rischio di sovraindebitamento è comparsa da poco sul mercato una nuova forma di finanziamento: il mutuo o il prestito di consolidamento dei debiti.

In pratica, la banca (o la finanziaria) estingue i debiti e li raggruppa in un unico prestito con scadenza più lunga, in modo da ridurre la rata mensile da pagare rendendola sostenibile (si arriva a un’uscita mensile anche del 50% in meno).

Solitamente il nuovo finanziamento è garantito dall’ipoteca su un immobile di proprietà. Ovviamente questa operazione ha un costo: oltre alle spese per la chiusura delle posizioni aperte bisogna anche mettere in conto il pagamento di tassi d’interesse spesso più elevati di quelli che gravano sui prestiti da consolidare.

Una formula già presente nei Paesi anglosassoni molto più abituati a vivere a rate, che si è appena affacciata in Italia.

Dalle proposte di credito che affollano quotidiani e settimanali, ottenere un prestito per far fronte ai debiti con un’unica rata più bassa sembra la cosa più facile del mondo.

Dietro l’allegra facciata delle pubblicità, però, ci sono le finanziarie che il denaro non lo regalano, ma lo fanno pagare molto salato. Si tratta di società che agiscono da mediatore creditizio per cui non fanno altro che offrire i prodotti di consolidamento erogati dalle banche. Quindi, sul cliente gravano sia l’interesse dovuto alla banca sia la commissione per la mediazione.

Tanto vale, quindi, rivolgersi direttamente alla banca. Quest’ultima, però, spesso chiude le porte a chi ha già impegnato più del 35% del reddito familiare, proprio per evitare il rischio di sovraindebitamento.

Si può definire “sovraindebitamento” un ammontare di spesa corrente superiore al livello del reddito corrente sia pur integrato dalla cessione di quote del patrimonio familiare.

In parole più semplici si cade nella condizione di sovraindebitati, non quando si supera una fissata quota di debiti, ma piuttosto quando né i redditi da lavoro, né le rendite, né le somme ottenibili cedendo parte dei propri beni o di quelli di famiglia (mobili e immobili) non consentono di far fronte in maniera regolare e strutturale ai propri debiti e, allo stesso tempo, alle spese legate alla normale gestione familiare.

Il sovraindebitamento in Italia non è un problema sociale, come in altri paesi, dagli Stati Uniti a paesi del nord Europa, ma alcune aree e alcune classi sociali iniziano a soffrirne.

Sullo sfondo vi è lo scarso aumento delle retribuzioni e delle pensioni, il mutare della regolazione dell’accesso al reddito (si pensi alla diffusione di forme di impiego lavorativo “flessibili”), l’aumento dei prezzi e delle tariffe e, infine, una politica fiscale che negli ultimi anni ha penalizzato il cosiddetto ceto medio.

Nella definizione comunemente adottata di sovraindebitamento, si parte dall’elevata propensione di spesa per consumi o investimenti.

Una propensione che nasce dalla fiducia infondata nelle effettive possibilità di far fronte agli impegni. Si ritiene spesso che chi si è sovraindebitato, lo faccia per scelta. L’evidenza di tale assunto è confermata per una frazione dei casi di famiglie, coinvolte nella mobilitazione consumistica che si produce, secondo le varie fasi del ciclo economico nazionale. Per un’altra parte occorre tuttavia mettere in evidenza sia l’incidenza dei fattori traumatici, sia il peso dei fattori congiunturali.

Nel primo caso, quello derivante da un incidente di percorso, è accaduta l’interruzione improvvisa di un flusso di reddito (oppure, reciprocamente, l’improvviso suo divenire insufficiente, per spese necessarie non previste o non prevedibili).

Nel secondo caso, quello delle persone o famiglie sovraindebitati di lunga durata, le ragioni sono più complesse e da ascrivere ad una perdurante condizione di crisi del reddito familiare (sia dei lavoratori dipendenti, nel caso del sopraggiungere di disoccupazione e mobilità, sia dei lavoratori autonomi, quando l’impresa familiare esce fuori del mercato).