Archivio di febbraio 2008

Mercati azionari, mercato delle obbligazioni e quotazioni dell oro

giovedì 21 febbraio 2008

E’ importante tenere presente che oltre al mercato azionario ci sono due altri mercati degni di attenzione, quello delle obbligazioni e quello delle merci, che sono in concorrenza con quello azionario per attrarre gli investimenti.

Poiché questi due altri mercati hanno una tendenza a far segnare punti di massimo e minimo in momenti differenti rispetto al mercato azionario, ma con una successione cronologica costante, la comprensione delle relazioni intercorrenti fra i tre mercati fornirà un’utile cornice per identificare le maggiori inversioni di tendenza del mercato azionario, ma anche del ciclo economico nel suo complesso.

La tendenza di tutti i mercati finanziari è essenzialmente determinata dalle aspettative degli investitori circa i movimenti dell’economia, dagli effetti che quei movimenti è probabile abbiano sul prezzo dei valori trattati in un certo mercato finanziario e dall’attitudine psicologica degli investitori nei confronti di questi fattori fondamentali.

I partecipanti al mercato tipicamente anticipano i futuri sviluppi economici e finanziari e agiscono acquistando o vendendo determinate attività cosicché normalmente un mercato raggiungerà un punto di svolta importante ben prima del presentarsi di un effettivo sviluppo (Questo è un punto molto importante da comprendere!)

L’attività economica in espansione è normalmente favorevole ai prezzi azionari, un’economia debole favorisce i prezzi delle obbligazioni e in un’economia in fase inflazionistica sono favoriti l’oro e i valori a esso correlati.

Questi tre mercati si muovono spesso in differenti direzioni nello stesso momento, poiché essi stanno essenzialmente tentando di anticipare cose differenti.

Un’economia è raramente stabile; si trova o in fase di espansione, o in fase di contrazione.
Con il risultato che anche i mercati finanziari sono in continua fluttuazione.

Un’ipotetica economia, come quella rappresentata in figura 1, si muove intorno a una linea mediana denominata appunto di equilibrio. In prima approssimazione, l’equilibrio può essere immaginato come un periodo di crescita nulla nel quale l’economia non è in fase espansiva né recessiva.

In pratica, questo stato di cose non si verifica mai o quasi mai, dato che un’economia nel suo complesso possiede una notevole spinta in entrambe le sue direzioni di movimento, per cui raramente succede che il punto di svolta coincida con il punto di equilibrio.

In ogni caso, l”economia” è composta da un gran numero di settori (alimentare, abbigliamento, metalmeccanico, edile, ecc.) che si muovono, in uno stesso momento, in differenti direzioni. Cosicché, all’inizio di un ciclo, gli indicatori economici che reagiscono per primi, come per esempio il numero delle case di cui è iniziata la costruzione, potrebbero essere in ascesa, mentre altri che hanno tempi di reazione più lunghi, come le spese per beni capitali o i livelli occupazionali, potrebbero essere discendenti.

Gli investitori nei mercati finanziari non sono interessati a lunghi periodi di stabilità o equilibrio, perché in tali situazioni non si verificano vivaci cambiamenti di prezzi con conseguenti opportunità di realizzare rapidi profitti.

Dato che i mercati finanziari anticipano i movimenti dell’economia, ne consegue che i profitti migliori possono essere realizzati un momento prima del punto di massima distorsione o squilibrio del ciclo.

Una volta che gli investitori si rendono conto che l’economia sta cambiando direzione per ritornare verso il livello di equilibrio, anticipano questo sviluppo comprando o vendendo le attività più appropriate.

Naturalmente più un’economia si allontana dall’equilibrio e diviene instabile, maggiore è il potenziale non solo di ritorno verso il livello di equilibrio, ma anche di una robusta inversione di tendenza oltre tale livello verso l’estremo opposto (Questo è un altro importantissimo fatto da ricordare sempre!)

In tali condizioni le possibilità di realizzare profitti nei mercati finanziari sono maggiori, perché essi stessi saranno normalmente soggetti a più ampie fluttuazioni di prezzi.

I maggiori movimenti dei tassi di interesse, dei prezzi delle azioni e dell’oro sono correlati al livello dell’attività economica.

La figura 1 rappresenta un ciclo economico, che ha tipicamente una durata compresa fra tre e cinque anni.

Analogamente alla figura 1, la linea orizzontale rappresenta il livello di crescita zero mentre al di sopra vi sono i periodi di espansione e al di sotto quelli di contrazione.

Così, dopo che è stato raggiunto il punto di massimo, l’economia continua a crescere ma a un tasso decrescente, finché la curva taglia la linea del livello di equilibrio e ha inizio una effettiva contrazione dell’attività economica. I punti teorici di massimo e di minimo dei mercati finanziari in relazione al ciclo economico sono indicati dalle frecce nella figura 2.

I periodi di espansione durano generalmente più a lungo di quelli di recessione; per questa ragione le fasi di rialzo (bull, “toro”) dei mercati azionano e dell’oro e quelle di ribasso (bear, “orso”) dei mercati delle obbligazioni, generalmente durano più a lungo rispettivamente delle fasi orso dei primi due mercati e delle fasi toro del terzo.

La figura 3 mostra anche come i tre mercati dei tassi di interesse, dell’oro e dei titoli azionari sono correlati al tipico ciclo economico.

Nell’esempio, i tassi di interesse sono stati evidenziati al contrario del loro normale andamento per farli coincidere con la curva del mercato obbligazionario.

Ne consegue che un mercato toro delle obbligazioni è rappresentato da una curva crescente e un mercato al ribasso da una curva decrescente. Quello delle obbligazioni è il primo mercato finanziario a iniziare una fase di rialzo.

Ciò avviene di solito dopo che il tasso di crescita dell’economia ha subìto un considerevole rallentamento rispetto al suo punto di massimo e molto spesso non ha inizio che con gli stadi iniziali della recessione.

In generale, più è violenta la contrazione dell’economia, maggiore è il potenziale di crescita dei prezzi delle obbligazioni (cioè di una caduta dei tassi di interesse).

Per contro, più robusto è il periodo di espansione, meno accentuata è la stasi economica e finanziaria e maggiore è il potenziale di declino dei prezzi di tali titoli (e quindi di aumento dei tassi di interesse).

Successivamente al raggiungimento del minimo al ribasso del mercato delle obbligazioni l’attività economica comincia a contrarsi più marcatamente.

A questo punto gli operatori del mercato azionario riescono a vedere oltre gli avvallamenti della curva dei profitti delle aziende, che sono ora in forte declino a motivo della recessione, e cominciano a mettere azioni in portafoglio.

Dopo che la ripresa è iniziata da qualche tempo, gli investitori cominciano a temere un movimento inflazionistico e quindi i valori collegati all’oro interrompono la curva discendente, ammesso che non l’abbiano già fatto. A questo punto tutti e tre i mercati sono tendenti al rialzo.

Gradualmente la stasi dell’economia e della finanza che si era presentata in conseguenza della recessione viene di fatto assorbita, esercitando pressioni al rialzo sul costo del credito.

Ma, poiché tassi di interesse crescenti significano una caduta nei corsi delle obbligazioni, ecco che questo mercato tocca i massimi e inizia la fase discendente.

Tuttavia sono ancora disponibili capacità produttiva e forza lavoro in eccesso e così l’attività economica crescente si traduce in aumentata produttività e le prospettive continuano a risultare favorevoli.

Poiché il mercato azionario sconta le tendenze dei profitti delle aziende, esso rimane rivolto al rialzo finché gli operatori avvertono che l’economia sta surriscaldandosi e il potenziale di incremento dei profitti è davvero modesto. A questo punto cessano le ragioni per tenere titoli azionari in portafoglio e il relativo mercato entra in una fase discendente.

Il prezzo dell’oro è determinato fondamentalmente dall’interazione di due tipi di operatori sul mercato. Il primo gruppo tratta l’oro come una merce soggetta alle fondamentali relazioni domanda-offerta; il secondo in veste in oro per proteggersi dall’inflazione.

Essenzialmente il livello dell’attività economica ha più o meno un effetto identico su entrambi i tipi di operatori poiché la tendenza della domanda industriale e il tasso di crescita dell’inflazione sono entrambi normalmente in ascesa durante un ciclo economico in espansione e in caduta durante la contrazione.

Per cui le quotazioni dell’oro e dei valori a esso correlati anticipa le tendenze dell’attività economica, mentre si muove al seguito dei prezzi delle azioni.

Ciò avviene perché entrambe le forme di domanda del mercato dell’oro, quella dell’oro-merce e quella dell’oro per investimento, prendono come riferimento gli indicatori di ritardo del ciclo economico.

Per esempio, dato che l’oro è considerato una buona riserva di valore, la domanda del metallo come bene di investimento dipende realmente dal tasso di inflazione.

Dato che il punto massimo dell’inflazione si verifica tipicamente all’inizio del periodo di recessione di un ciclo economico, il punto di massimo ciclico del prezzo dell’oro dovrebbe in teoria presentarsi diversi mesi prima del momento in cui il tasso di inflazione inizia la fase discendente.

Quando questa congiuntura è stata raggiunta, tutti e tre i mercati finanziari discendono e continuano a farlo finché il mercato obbligazionario tocca il punto di minimo.

Questo stadio finale, che si sviluppa pressappoco all’inizio della recessione, è concomitante con una caduta libera dei prezzi in almeno uno dei mercati finanziari.

È questo il momento in cui vi è una forte probabilità che si verifichi un’ondata di panico.

Disdetta di una polizza assicurativa

sabato 16 febbraio 2008

Le Compagnie di Assicurazioni tendono a proporre contratti che durano molti anni. E’ normale: fanno il loro lavoro. A voi però conviene arrivare preparati e con le idee chiare all’incontro con l’assicuratore. Ecco alcuni consigli generali:

– rifiutate un contratto che vi leghi alla stessa assicurazione per molti anni, se non vi è la possibilità di recedere prima dal contratto;

-prima di firmare, controllate la durata del contratto. Se è pluriennale, chiedete che sia scritto sulla polizza di poter recedere a ogni scadenza annua. Non si può recedere da un contratto assicurativo in mancanza di clausole scritte che lo stabiliscano;

-non fatevi ingannare dalla scadenza annua prevista per il pagamento del premio, perché riguarda solo il premio. Il contratto potrebbe avere una scadenza di cinque anni o più. L’unica eccezione è la RC auto.

Detto questo, se volete cambiare assicurazione perché siete rimasti impegolati in un contratto pluriennale, non basta, all’improvviso, smettere di pagare i premi. In questo modo si ottiene di rimanere privi di copertura assicurativa e si corre il rischio di ricevere un atto giudiziario con l’ordine di pagare il premio maggiorato di interessi e spese legali.

C’è un solo modo per liberarsi di una polizza: scrivere una lettera di disdetta, prima della scadenza del contratto ed entro i termini stabiliti, indicati sul contratto. Dovete rispettarli, altrimenti la lettera non avrà alcun valore.

I casi che affrontiamo sono due: recedere da una polizza del ramo danni e RC auto e da una polizza del ramo vita.

Nei contratti assicurativi del ramo danni la durata prevista è la più varia. Fa eccezione la RC auto, che di solito dura un anno.

Disdetta di una polizza assicurativa ramo danni.

Attualmente le compagnie assicurative e il cliente possono recedere dal contratto in qualunque momento. Quando la polizza viene disdetta, perché il rischio cessa, la compagnia ha diritto a trattenere l’intero premio pagato.

Fanno eccezione i contratti per il caso di RC auto: la compagnia restituisce 1/360
premio per ogni giorno in cui la copertura non ha avuto più ragione d’essere. Non solo: se l’auto viene demolita, non c’è attestato di rischio, quindi se si cambia compagnia la nuova auto viene inserita nella 14 esima classe di bonus/malus, anche se eravate in una classe superiore.

Per ovviare a questo inconveniente, vi consigliamo di comprare prima l’auto nuova, passare su questa la vecchia polizza, poi far demolire l’auto vecchia. Come si ottiene?
Il termine entro cui va disdetta una polizza per evitare che si rinnovi in modo automatico è stabilito dal contratto. Per l’RC auto il termine di solito è 30 giorni, per le altre coperture (RC capofamiglia, infortuni e così via) è 60 o 90 giorni, ma per essere sicuri dovete leggere il contratto.

Ossia 30, 60 o 90 giorni prima della scadenza del contratto dovete far pervenire una lettera alla vostra assicurazione, se ovviamente avete intenzione di recedere dal contratto assicurativo. E meglio spedire la raccomandata con ricevuta di ritorno con un po’ di anticipo, senza aspettare gli ultimi giorni utili.

Qui potete trovare un modello di lettera da seguire.

Disdetta di una polizza assicurativa sulla vita

Per liberarsi dal contratto ci sono tre possibilità: recesso, riduzione e riscatto. La cosa migliore da fare, quando è possibile (cioè nei primi 30 giorni), è il recesso, la riduzione conviene se siete nei primi anni della polizza e in quelli centrali, mentre il riscatto conviene negli ultimi due o tre anni.

Prima però di decidere che fare, chiedete alla compagnia assicurativa quali siano i valori di riduzione e di riscatto previsti.

Recesso

L’assicuratore in genere fa firmare una proposta di polizza, che può essere revocata per iscritto, e chiede subito il pagamento della prima rata di premio. Dopo la firma della proposta, l’assicuratore decide se accettare o no la polizza. La polizza diventa effettiva quando viene accettata dall’assicuratore.

Dal momento in cui l’assicuratore vi comunica che la proposta è stata accettata, avete 30 giorni per recedere e farvi restituire la rata pagata. Dal rimborso sono escluse le spese sostenute dalla compagnia per l’emissione del contratto, purché siano specificate e quantificate nella proposta. Il diritto di recesso non vale per i contratti che durano meno di sei mesi. Come si ottiene?

Il modo di revocare la proposta o di recedere, a chi comunicare la decisione e in che modo, è stabilito nelle condizioni generali di polizza. Di solito si deve spedire una raccomandata A.R. (ricevuta di ritorno) alla sede della compagnia (trovate l’indirizzo sulla proposta di polizza). Qui potete trovare il modello di lettera da seguire per il recesso.

Riduzione

Ridurre la polizza non significa diminuire il premio da pagare, ma smettere di pagarlo.
Che cosa succede? Non vi restituiranno i premi già pagati che rimangono alla compagnia assicurativa e si rivalutano fino alla scadenza. Semplicemente al termine della polizza otterrete una prestazione ridotta, in relazione ai premi pagati. Ogni anno la rivalutazione del capitale ridotto cambia, adeguandosi all’andamento dei mercati finanziari, quindi la compagnia di assicurazione vi deve aggiornare ogni anno sul valore del capitale ridotto.

Vi sono contratti che prevedono la riduzione fin dal primo anno. I contratti peggiori concedono la riduzione se sono già stati pagati i primi tre premi annui. È raro che un contratto non preveda la riduzione.

Come si ottiene? Prima cosa: chiedete alla compagnia a quanto ammonta il valore di riduzione della polizza previsto alla scadenza. Una volta a conoscenza di questo dato, se decidete di proseguire su questa strada per ottenere la riduzione, dovete scrivere una lettera (anche in questo caso va spedita tramite raccomandata con ricevuta di ritorno) alla sede della compagnia assicurativa per dichiarare la vostra scelta. Qui troverete il modello della lettera tipo che vi sarà utile per questo questo caso e cambiando l’oggetto, anche per il caso seguente.

Riscatto

Si riscatta la polizza quando si smette di pagare i premi e si chiede il rimborso del valore. Di rado è la soluzione migliore. Infatti, il valore di riscatto, nei primi anni della polizza, è minore del totale dei premi versati e comunque, finché non ci si avvicina alla scadenza della polizza, i rendimenti sono davvero insignificanti. Inoltre, se chiedete il riscatto, prima di aver pagato il quinto anno di premi, il fisco rivorrà indietro tutte le detrazioni fiscali sui premi, rendendo ulteriormente penalizzante riscattare la polizza. Ogni anno la rivalutazione del valore di riscatto cambia e la compagnia deve tenervi aggiornati.

Come si ottiene? Chiedete il valore di riscatto maturato, a quel punto decidete cosa fare. Se ritenete conveniente il riscatto, dovete smettere di pagare i premi e scrivere una raccomandata con ricevuta di ritorno alla sede della compagnia. Il testo della lettera è lo stesso del caso precedente, però dovete specificare nell’oggetto che si tratta di una richiesta di riscatto.

Tasso nominale e tasso effettivo

venerdì 15 febbraio 2008

Il tasso di interesse è spesso oggetto di fraintendimenti. Quando si parla di un tasso annuo effettivo del 5%, si intende che in un anno gli interessi saranno comunque del 5%, a prescindere dalla capitalizzazione nell’anno. Ad esempio, se una banca dichiara di remunerare i suoi correntisti al 5% annuo effettivo capitalizzato trimestralmente, il tasso trimestrale non sarà 5% / 4 (diviso quattro) , perché, se così fosse, la liquidazione degli interessi genererebbe essa stessa ulteriori interessi.

Facciamo un esempio pratico. Supponiamo di avere un saldo di 100 Euro che gli interessi siano 12% annuo capitalizzato trimestralmente.Il primo trimestre ci vedremmo liquidati 3 Euro e la base di calcolo per il secondo trimestre sarebbe 100+3 Euro.

Alla fine del secondo trimestre ci verrebbero liquidati 103 x 3% = 3,09; alla fine del terzo 3,18 e alla fine del quarto 3,28. Facendo un po’ di somme ci rendiamo conto che 3+3,09+3,18+3,28=2,55! Ci sono 0,55 centesimi di Euro in più!!

Abbiamo scoperto che un tasso del 12% nominale corrisponde ad un 12,55% effettivo capitalizzato trimestralmente. Sulla base di quanto appena detto, possiamo trovare una formula che ci converta i tassi in modo semplice.

Diremo allora che:

Tasso Effettivo = [[1 + (tasso nominale / periodi)] ^ periodi} —1 Nel nostro esempio sarà:
=((1+(0,12/4) ^ 4)-1

Cioè: ((1 + 0,12 /4) ^ 4) -1

(‘^’ sta per ‘elevato alla..’)

e quindi: (1,03 ^ 4 ) -1 = (1,03 x 1,03 x 1,03 x 1,03) -1 = 0,1255

che equivale al tasso effetivo del 12,55%

Questo tasso sarà un tasso effettivo annuo riferito ad una capitalizzazione espressa dalla variabile “periodi”. Potremo facilmente dividerlo per il numero di periodi di capitalizzazione e otterremo il tasso periodale.

Tasso Periodale = Tasso Effettivo Annuo / Periodi

In sostanza, un tasso effettivo annuo (detto anche convertibile) può essere diviso per i periodi di riferimento ottenendo il tasso periodale. Un tasso nominale annuo, invece dovrà invece essere nelaborato per poterlo trasformare in un tasso periodale.

Se invece volessimo passare da un interesse annuo effettivo ad un tasso nominale? La formula sarà la seguente:

Tasso Nominale = [(1+ tx eff annuale) ^ (1 / periodi) – 1 ] * periodi

Nel nostro esempio potremmo dire quindi che:

Tasso Periodale = ((1 + 0,1255) ^ (1 /4) -1) * 4

(per elevare ad un esponente frazionario occorre utilizzare la calcolatrice scientifica di windows)

Tasso Periodale = 1,1255 ^ (0,25) – 1 * 4 = 0,029997 * 4 = ~ 0,12

Il tasso così determinato darà un tasso nominale periodale, che capitalizzato per 4 volte nell’anno (ogni trimestre), darà un interesse annuale esattamente uguale a 12%.

Conto corrente con canone mensile

giovedì 14 febbraio 2008

I conti correnti cosiddetti a canone mensile o a forfait e operazioni illimitate prevedono una spesa fissa che viene periodicamente addebitata al correntista che sostituisce buona parte delle commissioni bancarie. Possono essere anche più convenienti dei conti senza spese, o a “zero spese” o “light”, grazie ai minori costi sulla compravendita e il deposito di titoli.

Il canone o forfait periodico in cifra fissa sostituisce quasi tutte le commissioni per i servizi bancari di conto corrente e di gestione titoli, per cui è conveniente soprattutto per chi opera spesso con Titoli.

Il tasso di interesse, che in alcuni casi viene applicato solamente se la giacenza supera un determinato importo, è comunque decisamente basso e quindi finisce per influire poco sulla convenienza globale.

In Italia il prodotto più conosciuto a tale proposito è probabilmente il conto RIFLEX di Banca Mediolanum, il quale ha anche il vantaggio di consentire l’azzeramento del canone al superamento di una certa giacenza media. Esistono anche altri conti correnti con canone fisso e operazioni illimitate, il Genius One di Unicredit Banca, il Conto Intesa di Banca Intesa e tutta una serie di prodotti flessibili o a canone variabile.

L’idea di sostituire a una miriade di voci di spesa un solo costo fisso rappresenta un passo in avanti sotto l’aspetto della trasparenza: il cliente, sapendo in anticipo la cifra da versare tutti i mesi, può gestire più comodamente il proprio bilancio familiare; leggendo l’estratto conto, poi, non deve più stare a scorrere per filo e per segno tutte le spese relative alle operazioni effettuate per controllare che non vi siano errori.

Inoltre, se si sceglie un conto di questo tipo, la convenienza di una banca rispetto a un’altra risulta immediata. Attenzione, però: il canone fisso non esclude il pagamento di alcune spese extra per determinati servizi, per cui il consiglio che vi diamo è sempre quello di valutare attentamente ogni singola proposta e soprattutto le condizioni generali di contratto.

Questo vi consentirà di accertare esattamente quali tipologie di spese e commissioni sono incluse nel canone e quali eventualmente no. Ricordatevi di chiedere sempre l’ammontare delle spese di estinzione del conto qualora in futuro vorreste chiuderlo e cambiare banca.

Così come i conti correnti senza spese non sempre tengono fede al proprio nome, anche quelli a canone fisso non cancellano proprio tutte le commissioni. e spese extracanone si differenziano da banca a banca e solitamente riguardano proprio le operazioni sui titoli, i bolli, i bonifici, la tessera bancomat e le carte di credito.

Diventa quindi estremamente importante chiarire bene le vostre esigenze prima di valutare qualunque offerta di conto corrente a canone fisso o a forfait. Se per esempio prevedete di avere una bassa giacenza media e di non fare poi così tante operazioni, allora probabilmente vi conviene orientarvi piuttosto su conto light cioè senza spese.

Informatevi comunque sui costi dei bonifici in uscita e, se possedete una connessione internet flat ADS, richiedete la possibilità di gestire il conto via internet e di ricevere gli estratti conto in formato elettronico anzichè cartaceo, in questo modo otterete ulteriori risparmi in termini di costi.