Archivio di novembre 2007

Calcolo detrazione affitto contratti convenzionali

venerdì 30 novembre 2007

A tutti coloro che hanno sottoscritto un contratto di locazione in regime convenzionale per la propria abitazione principale spetta una detrazione fiscale IRPEF se il reddito complessivo annuo è inferiore a € 30.987,41 (60.000.000 delle vecchie Lire) .

Ma che cos’è un contratto di locazione convenzionale? La legge 9 dicembre 1998 nr.431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo) prevede espressamente particolari agevolazioni sia per il locatore sia per il conduttore, cioè colui che affitta un appartamento per andarci ad abitare, quando il contratto di affitto viene stipulato sulla base di appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale (art.4 legge 431/1998).

La detrazione fiscale non spetta se il contratto di locazione è stato stipulato con un ente pubblico, come ad esempio un Istituto per le case popolari. Altra condizione necessaria è naturalmente che il contratto di locazione sia stato regolarmente registrato.

La detrazione d’imposta è di:

– 495,80 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;

– 247,90 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro ma non superiore a 30.987,41 euro.

Se il reddito complessivo è superiore a quest’ultimo importo non spetta alcuna detrazione.

La detrazione viene inoltre rapportata ad altri 2 parametri: il numero di giorni per i quali i locali affittati sono stati di fatto utilizzati come abitazione principale e la percentuale di titolarità del contratto (100 se il conduttore è l’unico intestatario, 50 se ci sono 2 cointestatari come nel caso di marito e moglie, ecc.).

Vediamo ora in concreto un esempio di calcolo della detrazione fiscale per l’affitto. Teniamo presente che se il conduttore è tenuto alla compilazione del Modello 730 il quadro di riferimento è “E” – Oneri e spese – sezione IV- Rigo E32; se invece il conduttore compila il modello Unico Persone Fisiche (ex 740) il quadro di riferimento è “RP” – Oneri e spese – Sezione IV – Rigo RP35.

Vediamo cosa dicono le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate (Modello Unico PF): “Compilare il rigo RP35 nel modo seguente: colonna 1, scrivere il numero dei giorni nei quali l’unità immobiliare locata è stata la vostra abitazione principale; colonna 2, scrivere la percentuale della detrazione spettante. Per esempio, se marito e moglie sono stati cointestatari el contratto di locazione della loro abitazione principale, devono indicare 50 (per cento), cioè metà per ciascuno. Se, invece, il contratto di locazione è intestato a una sola persona, si deve indicare 100, perché la detrazione petta per intero. La detrazione che vi spetta in base al vostro reddito complessivo, rapportata al numero dei giorni di locazione indicati n colonna 1 e alla percentuale indicata in colonna 2, deve essere indicata nel rigo RN11. Se nel corso dell’anno si sono verificate più situazioni che hanno comportato diverse percentuali di spettanza, occorre compilare per ognuna di esse un rigo RP35. In tal caso la somma dei giorni indicati nella colonna 1 dei diversi righi non può essere superiore a 365.”

Nel nostro esempio supponiamo che l’inquilino sia entratto effettivamente in possesso dell’abitazione in data 22/3 e che lo abbia ininterrottamente mantenuto fino al 31/12. Inoltre supponiamo che il reddito complessivo annuo ai fini IRPEF (da indicare al rigo RN1) sia di € 15.000,00

I giorni da indicare in colonna 1, rigo RP35 saranno quindi 285 (365 – 31 – 28 – 21 = 285) . Infatti dai 365 giorni che ci sono in 1 anno solare abbiamo tolto quelli di gennaio, febbraio e i giorni di marzo che mancano cioè dal 1 al 21 marzo.

Il calcolo della detrazione effettiva spettante è il seguente:

€ 495,80 : 365 x 285 x 100% (in quanto l’inquilino è l’unico intestatario dell’appartamento in cui abita da solo) = € 387, 13

In pratica spettano € 1,3583 per ogni giorno se il reddito annuo è inferiore a € 15.493,71 oppure € 0,6791 (sessantasette centesimi e novantuno) per ogni giorno se il reddito annuo è superiore a € 15.493,71 ma inferiore a € 30.987,41.

Come scegliere un consulente finanziario indipendente

martedì 20 novembre 2007

Finalmente una decisione importante ma secondo noi tardiva e non priva di rischi, e cioè la decisione dell’ Unione Europea di regolamentare una nuova figura professionale, il Consulente finanziario indipendente, negli Stati Uniti già presente ed operante da tempo.

L’Unione Europea, infatti, con la direttiva MIFID 2004/39/CE ( Markets in Financial Instruments Directive) ha creato la figura del consulente finanziario indipendente fee-only. Fee-only significa che questo professionista verrà pagato a parcella ed esclusivamente dal cliente, e quindi non da banche o da altri intermediari (promotori finanziari, SIM) che sono naturalmente interessati solamente a vendere ciascuno il loro prodotto.

In un mercato finanziario come quello europeo e a maggior ragione come quello italiano, dove da diversi decenni imperversano in pieno e palese conflitto di interesse (e che fanno il bello e il cattivo tempo) Banche, Assicurazioni, SIM, promotori finanziari e ogni sorta di intermediario pagato a percentuale sul prodotto venduto, sarà molto, ma molto duro il passaggio a questa nuovissima, più moderna e, lasciatecelo dire, più civile, forma di interazione tra risparmiatori e mondo finanziario.

Ci saranno sicuramente resistenze e interferenze di vario tipo su questa figura professionale che sarà regolata da un Albo apposito di qui a breve (Legge 13-2007, del 17 febbraio 2007).

Da considerare che qui stiamo parlando di piccoli patrimoni, di risparmiatori, di consumatori e di famiglie, non di grandi ricchezze private, le quali utilizzano da sempre i loro “private bankers” o banchieri personali di fiducia.

L’idea è senz’altro molto positiva per i consumatori europei e soprattutto per quelli italiani, già tartassati a sufficienza a causa dei vari scandali finanziari che si sono succeduti negli ultimi anni e dei quali riteniamo addirittura superfluo farne qui specifico riferimento.

Il problema è che la maggior parte dei piccoli risparmiatori e soprattutto quelli più anziani faranno un pò fatica ad abituarsi a questa rivoluzione copernicana. Quelli più giovani invece sono certo che non avranno alcun problema, anzi per molti di loro si tratterà di chiedersi come mai non ci si era pensato prima!

Per iniziare ad avere un’idea di cosa significa rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente e quali siano i principali vantaggi, vi suggeriamo di dare un’occhiata a questa interessante tabella comparativa, la quale mette molto bene in evidenza le differenze tra consulente finanziario indipendente e promotore finanziario.

Ora che abbiamo una prima idea di cosa sia un consulente finanziario indipendente, vediamo come sceglierlo. Prima di tutto interpellatene diversi e informatevi il più possibile sul rapporto qualità/prezzo del servizio prima di firmare il contratto.

Inutile ripetere che non dovrete mai e in nessun caso affidare a lui direttamente il vostro danaro. Il consulente finanziario indipendente è pagato per fornirvi un servizio di consulenza non per operare direttamente sui mercati finanziari al posto vostro. Sarà lui che vi consiglierà eventualmente e solo dopo avere compiuto una analisi ed un check-up completo della vostra situazione finanziaria, a quali operatori finanziari dovrete rivolgervi e quali forme o strumenti di investimento impiegare.

Questi professionisti devono avere la capacità e l’esperienza non soltanto di valutare a priori rischi e rendimenti probabili dei vari strumenti di investimento disponibili sui mercati finanziari, ma soprattutto devono essere in grado di capire le vostre esigenze personali specifiche e di farsi un rapido ma preciso quadro della vostra attuale situazione economica e finanziaria complessiva.

Per esempio dovranno tenere conto del vostro attuale livello di salute finanziaria, personale o familiare che sia. Forma, durata, rischio e rendimento dei vostri attuali investimenti finanziari, la vostra personale struttura patrimoniale e reddituale, le garanzie reali e quelle personali di cui disponete, la predisposizione al rischio, il vostro attuale livello di conoscenze in materia economica e finanziaria ed infine il vostro personale stile di vita e le vostre personali abitudini.

Inoltre ricordatevi che ci sono anche le associazioni di consumatori e perchè no, guardate prima se un dato consulente finanziario indipendente è da loro consigliato e perchè.

Sicuramente sui maggiori siti internet di associazioni di consumatori, vedi pagina dei link, di qui a breve verranno pubblicati utilissime informazioni e consigli su come scegliere un consulente finanziario indipendente, per cui vi consigliamo di tenere d’occhio questi siti.

Infine cercate sempre di capire se il vostro interlocutore potrebbe essere interessato oppure no a proporvi un dato investimento anzichè un altro, come? Pretendendo sempre di fornirvi 2 o 3 alternative equivalenti per ciascun strumento o forma che lui vi consiglierà.

Torneremo senza alcun dubbio ancora sull’argomento della consulenza finanziaria indipendente, quindi seguiteci e tornate a visitarci.

Prestiti e finanziamenti a tasso zero TAN e TAEG

martedì 13 novembre 2007

L’indicatore più importante per valutare il costo di un finanziamento è il TAEG, chiamato anche ISC o Indicatore Sintetico di Costo. Si tratta del vero tasso di interesse che si paga quando si chiede un prestito. Il suo valore, infatti, tiene conto sia delle spese sia della cadenza dei pagamenti.

Il TAEG è un obbligo di legge imposto a tutti gli acquisti che rispettano le seguenti condizioni.

– Quello che si compra con il prestito deve servire per il consumo e non per la produzione. In sostanza deve essere un prestito fatto ai privati e non ad aziende o professionisti.

– Il prestito deve essere compreso tra € 155 e € 30.987.

– Il rimborso della somma non può avvenire in blocco nè concludersi entro un anno e mezzo.

– Il prestito non deve servire né per comprare una casa né per costruirne o restaurarne una.

I prestiti fatti a queste condizioni devono rispettare regole ben precise.

– Il TAEG e tutte le altre voci di costo devono essere scritte sul contratto.

– Se nelle pubblicità del finanziamento (spot, depliant, annunci) sono contenute le condizioni economiche, anche il TAEG e il suo periodo di validità devono essere riportati.

– Deve sempre essere possibile estinguere anticipatamente il debito pagando al massimo una penale dell’1% sul capitale ancora da restituire.

– Ci si può rifiutare di pagare le rate finché il fornitore non consegna la merce perfettamente funzionante.

Il rifiuto si può opporre, però, solo a condizione che il fornitore si appoggi ad una unica finanziaria e che sul contratto del prestito sia specificato che questo serve per comprare quella merce.

Se il venditore non adempie al suo compito, si può risolvere il contratto e annullare tutto, pretendendo la restituzione del denaro eventualmente già versato.

Molto spesso nelle pubblicità televisive o sui cartelloni che tappezzano le città si sente o si legge l’invitante promessa: finanziamenti a tasso zero.

L’esperienza ci ha insegnato che spesso nelle pieghe tra promesse e realtà si può nascondere qualche spesa o qualche condizione particolare che rendono il prestito assai meno allettante.

TAN e TAEG non sono la stessa cosa. Come si fa allora a capire se un prestito è davvero a tasso zero?

Le pubblicità sono in genere accompagnate da due sigle: il TAN (tasso annuo nominale) e il TAEG (tasso annuo effettivo globale). Il primo serve ai finanziatori per calcolare l’ammontare delle rate, mentre il secondo è quello che interessa a chi chiede il prestito per valutarne la convenienza.

Un prestito che abbia il TAN pari a zero è un finanziamento in cui l’ammontare di tutte le rate è uguale alla somma prestata, ma il debitore dovrà poi pagare anche le spese di istruttoria, le assicurazioni imposte da chi presta i soldi, le spese per il pagamento di ogni singola rata e varie altre spese accessorie.

Se è questo il tasso zero cui si riferisce la pubblicità si può quindi esser certi che in realtà il finanziamento non sarà affatto “gratuito”.

Soltanto quando il TAEG è pari a zero il prestito si può davvero definire a tasso zero, perché in questo caso la somma di tutto ciò che il debitore paga coincide perfettamente con il denaro che si è fatto prestare e comprende già tutte le spese che nel TAN erano escluse.

Molto difficilmente però troverete prestiti con TAEG=0! E se li trovate, datemi retta: lasciate stare, molto probabilmente ciò significa che vi dovete aspettare costi nascosti da qualche altra parte!

Per calcolare la reale convenienza di un prestito, allora, si dovrà guardare il TAEG applicato dal finanziatore: più questo è basso più il prestito è vantaggioso.

Un altro sotterfugio da cui guardarsi è quello messo in pratica da alcuni rivenditori, che fingono di applicare il tasso zero a chi paga a rate, ma in realtà fanno un ingente sconto a chi paga in contanti.

In sostanza se chi chiede un prestito non ha diritto allo sconto è proprio come se pagasse degli interessi camuffati.

Visto che non c’è legge che impedisca al negoziante di praticare questo tipo di sconti, chi è intenzionato a pagare a rate è meglio che prima si informi sulla possibilità di ottenere una riduzione del prezzo pagando in contanti.

Cominciamo dalla scelta più conveniente per arrivare a quella che lo è meno, ma che la situazione contingente potrebbe costringervi ad adottare.

1) La cosa migliore è sempre pagare in contanti, oppure trovare un prestito con un TAEG pari a zero.

2) Se siete disposti a imbarcarvi in un prestito, la cosa migliore è cercare di informarvi bene per conoscere quali sono le condizioni di mercato in vigore.

Per trovare il prestito più vantaggioso basta poi confrontare i TAEG fra di loro e scegliere il negozio che applica quello più basso. Ricordatevi sempre che conviene chiedere alla banca il pagamento automatico delle rate per non dimenticarsene.

3) Chi non ha il contante e non ha voglia di impelagarsi in procedure burocratiche e scartoffie varie può decidere di pagare a rate con la carta di credito. E il sistema più pratico ma non certo il più conveniente.

4) Lo scoperto in banca è un pò l’ultima spiaggia, nel senso che è generalmente molto oneroso. Può essere utilizzato solo se si è certi di poter rimettere la somma sul conto in tempi molto rapidi.

Rendimento annuo effettivo netto con Excel

lunedì 12 novembre 2007

Calcolare il rendimento annuo effettivo netto di qualsiasi forma di investimento equivale a stabilire la misura della redditività o rendimento finanziario dell’investimento con riferimento ad un tasso di interesse annuale ipotetico e al netto delle tasse.

Perchè un tasso di riferimento annuo? Avrebbe potuto essere anche un tasso mensile o biennale, non ha alcuna importanza se non quella di agevolare la comparazione con forme alternative di investimento, per le quali solitamente si parla di performance, risultato o interesse annuale.

E’ importante utilizzare un tasso annuale anche per almeno altri 3 motivi: primo, i tassi di interesse bancari e internazionali sono tutti espressi come tasso annuale, come il T.U.S. (Tasso Ufficiale di Sconto), il LIBOR (Tasso interbancario inglese a breve termine) , l’ EURIBOR (Tasso interbancario europeo a breve termine), ecc. Si tratta del tasso al quale le banche primarie si prestano il denaro tra loro a breve termine. Il TUS è il tasso al quale la banca centrale presta alle banche primarie.

Secondo, è più facile comparare il rendimento effettivo netto del nostro investimento con il tasso cosiddetto “senza rischio” il quale altro non è che quello dei BOT a 12 mesi, e terzo, infine, i rendimenti azionari, quelli dei fondi comuni di investimento e dei piani pensionistici per citarne solo alcuni, esprimono tutti dei tassi di rendimento annuali.

Prendiamo ora Microsoft Excel (o OpenOffice Calc, l’equivalente open source) e occupiamoci ora di una utilissima funzione: TIR.X

Attenzione! Prima di continuare verificate che il componente aggiuntivo ‘Strumenti di analisi’, se utilizzate Excel, risulti installato sul vostro PC, altrimenti seguite le indicazioni mostrate in questa figura.

La funzione TIR.X calcola il Tasso di Rendimento Interno (in inglese IRR o Internal Rate of Return) di un qualsiasi piano di investimento. In pratica il TIR è quel tasso di interesse (determinato in modo iterativo, cioè per tentativi) che pone in esatta equivalenza finanziaria i flussi di cassa, ovvero tutte le entrate e le uscite, di un investimento o di un piano finanziario indipendentemente dalla loro data di manifestazione, quindi con periodo variabile. La funzione TIR.X è molto flessibile perchè funziona sia con tasso nominale fisso, sia con tasso nominale variabile.

La funzione TIR.X è quindi uno strumento molto prezioso proprio per la sua estrema duttilità ma ha 2 difetti che non ne pregiudicano però a mio avviso la sua utilità: il primo è che fornisce uno scarto o imprecisione abbastanza trascurabile rispetto allo sviluppo manuale o prova del nove, il secondo è che non funziona quando il totale dei flussi negativi (uscite) supera quello dei flussi positivi (entrate), quindi in pratica non fornisce mai un tasso negativo.

Il tasso nominale è il tasso dichiarato dall’emittente del prestito, nel caso di una obbligazione, e corrisponde al tasso preso a riferimento per il calcolo delle cedole o dei rimborsi periodici. Il tasso nominale può essere annuale, semestrale, mensile, ecc e nulla ha a che vedere con il rendimento effettivo annuo netto che è appunto il dato che ricerchiamo e del quale la funzione TIR.X di Excel fornisce una valida approssimazione.

Nel foglio di Excel occorre preliminarmente riservare almeno 2 colonne ai dati di input per la funzione TIR.X, nel nostro caso, vedi figura 2, si tratta delle colonne B e C.

Più precisamente nella colonna B vanno inserire le date di ciascun fusso di cassa, nella colonna C invece vanno inseriti i relativi flussi di cassa, tenedo presente questa importantissima regola (altrimenti la funzione segnala un errore o fornisce dati incongruenti): i flussi negativi, quindi le uscite, vanno inseriti con il segno meno (-) davanti, quelli positivi con il segno più (+) o senza segno.

I flussi di cassa senza segno sono sempre considerati positivi. Nella colonna A abbiamo inserito le descrizioni di ciascun flusso di cassa, il primo rappresenta l’investimento iniziale, cioè la somma che vi viene effettivamente addebitata sul conto corrente dalla banca all’acquisto del titolo o alla data di emissione dell’obbligazione.

Una cosa importantissima da comprendere è che, se nella stessa data (intesa come valuta) avete più addebiti o accrediti, per esempio un addebito per € 25.000,00 per acquisto titoli e un’altro addebito di € 125,00 per commissioni su acquisto titoli (nell’esempio è lo 0,50% sul valore del titolo), dovete sommarli se entrambi sono addebiti (o accrediti) e invece prendere la differenza se uno è un addebito e l’altro un accredito (o viceversa).

In altre parole un flusso di cassa non è altro che il saldo netto contabile di più operazioni aventi la stessa data o valuta.

In excel il flusso di cassa va inserito con il segno meno (-) se questo saldo netto contabile rappresenta un esborso complessivo, mentre andrà inserito con il segno più (+) se si tratta di un introito complessivo, come ad esempio è il caso del rimborso finale del capitale.

Nell’esempio notate che la commissione dello 0,50% che la banca si tiene quale corrispettivo per la compravendita del titolo è applicata 2 volte, all’inizio dell’operazione e alla fine. Siccome in entrambi i casi si tratta di un costo, cioè di un addebito per € 125,00, il flusso di cassa relativo all’investimento iniziale del 2/8/2004 è di (-) € 25.125, mentre quello relativo al rimborso finale in data 2/2/2009 è di (+) € 24.875, perchè la commissione in questo caso è stata detratta dal rimborso finale del capitale.

Dalla riga 8 alla riga 16 vengono inseriti i flussi di cassa intermedi, pari alla cedola periodica a tasso fisso nominale del 1,5% semestrale (3% annuo : 2 ) meno la ritenuta fiscale del 12,50%, che la banca trattiene sulla cedola e versa all’erario.

L’importo della cedola semestrale lorda è quindi € 25.000,00 x 1,5% = € 375,00, quello della cedola semestrale netta è € 375,00 meno la ritenuta fiscale 12,50% (€ 46,88) = € 328,12.

Siccome la cedola è di fatto un saldo contabile netto positivo, cioè un incasso, il flusso di cassa ha segno positivo.

La durata complessiva dell’operazione, in questo caso l’acquisto di una obbligazione bancaria in fase di emissione, tenuta fino a scadenza, è di 4 anni e 6 mesi, per un totale di 9 cedole.

Da notare che sulla destra del foglio è visibile un ulteriore conteggio, che ho chiamato “sviluppo manuale” o “prova del nove”. In pratica mentre a sinistra sono rappresentati i flussi effettivi di cassa come si presentano nell’estratto conto, nella parte destra ho ricostruito un piano di investimento standard, ad esempio un BOT semestrale o un normalissimo prestito a tasso costante per tutta la durata dell’investimento con evidenziazione del capitale e degli interessi composti maturati ad ogni singola scadenza periodica.

I tassi di interesse evidenziati in blu di cella D5 (risultato funzione TIR.X) e in H5 (stesso valore) si intendono riferiti all’anno.

Nella cella D5 è stata inserita la funzione TIR.X che ha come primo argomento (valori) l’intervallo celle C7:C17 , come secondo argomento (date_pagam) l’intervallo celle B7:B17 e come terzo (ipotesi) nessun valore.

Il tasso di rendimento interno dell’operazione o rendimento effettivo netto globale è pari al 2,41%.

Questo tasso tiene conto di tutte le spese, commissioni e tasse relative all’operazione. Vedete che se impiegassimo la stessa somma iniziale (€ 25.125,00) al tasso semestrale effettivo dell’1,2060% (2,4119% : 2) dal 2/8/2004 fino al 2/2/2009 otterremmo un capitale futuro in data 2/2/2009 di € 27.987,32.

Ora nella parte sinistra invece dobbiamo calcolare il valore futuro dell’intera operazione al 2/2/2009. Per fare questo occorre sommare al valore di € 24.875 di cella D17 (che non è altro che l’ultimo flusso di cassa alla data del 2/2/2009) il valore futuro della serie di cedole e qui occorre fare attenzione.

Poichè gli importi relativi alle cedole vengono incassati in date differenti non sarebbe corretto fare la semplice somma, occorre invece determinare la somma dei valori futuri alla data di rimborso (2/2/2009) di tutte le cedole. Fortunatamente c’è un’altra funzione finanziaria di Excel che fa al caso nostro perchè ci semplifica di molto il lavoro: è la funzione VAL.FUT di cella D24:

VAL.FUT (tasso_int ; periodi ;pagam ; val_attuale; tipo)

che nel nostro caso assume questi valori:

=VAL.FUT(1,206% ; 9 ; 328,12 ; ;0)*-1

1,206% (tasso_int) è il tasso semestrale effettivo ottenuto dividendo per 2 il TIR (2,4119%)

9 sono i periodi (semestrali);

328,12 è l’importo (pagam) della cedola periodica;

val_attuale è omesso;

tipo vale ‘0’ (zero) perchè ci serve il valore alla fine di ciascun periodo.

Il risultato, € 3.099,62 rappresenta il valore futuro delle 9 cedole riferito alla data di scadenza dell’intera operazione e cioè il 2/2/2009.

Sommando € 3.099,62 a € 24.875 ,00 si ottiene il valore futuro globale, pari a € 27.974, 62.

Lo “sviluppo manuale” ci dava invece un risultato di € 27.987,32, con una differenza in eccesso di € 12,70

Per finire viene calcolato il valore attuale dell’intero investimento riferito ad oggi, 12 novembre 2007 , riprendendo empiricamente dal riquadro di destra il montante alla scadenza dell’ultima cedola (2/8/2007) che è € 26.998,61, moltiplicando questo importo per il rendimento effettivo annuo netto, rapportandolo alla frazione di anno (anno di 360 giorni) e infine sommandolo.

La funzione FRAZIONE.ANNO di cella H27 non fa altro che calcolare quanti giorni ci sono tra il 2/8/2007 ed oggi, il 12/11/2007 e dividerli per 360.

Da questo link potete scaricare il foglio di Excel ‘Calcolo rendimento effettivo netto con Excel.xls‘ dentro il file zippato ‘RendimentoAnnuoEffettivoNetto.zip’ in area download.

Gestione di fatture bollette contabili e lettere

lunedì 12 novembre 2007

Gestire la carta, quale noiosa e futile incombenza! Eppure siamo sommersi tutti i giorni dalla carta. Le contabili della banca, le bollette del gas, dei rifiuti, dell’acqua e dell’energia, le lettere che ci propinano pubblicità indesiderata e non richiesta a valanghe, ecc.

Ora sappiamo benissimo che il problema è che nel mucchio ci sono documenti di cui abbiamo l’obbligo o la convenienza a conservarli, mentre moltissimi altri sono semplicemente da buttare, e che ci vuole molto tempo per fare questo lavoro.

Come fare allora a gestire materialmente tutti questi documenti? Tenendo presente che la prescrizione ordinaria è di 5 anni, ma che in pratica ci conviene archiviare e conservare quelli più importanti come contratti di affitto, di mutuo, di investimento, estratti-conto e simili per almeno 10 anni, c’è almeno un’altra ragione importante per conservare, classificare e archiviare i documenti, soprattutto quelli che si riferiscono alla Banca e alle Assicurazioni: la loro pronta reperibilità in caso si debba fare un ricorso, scrivere una lettera di contestazione, e quindi si debba citare gli estremi del vecchio documento.

Una seconda ragione è quella di poter reperire dati importantissimi per compiere valutazioni economiche, calcoli di convenienza, prendere decisioni, ad esempio cambiare fornitore di energia.

Non da ultima la possibilità di riportare le spese effettivamente sostenute nel passato su un foglio di lavoro di Excel e costruirsi tabelle, grafici, budgets e strumenti di controllo della gestione familiare, come vedrete ampiamente in altri articoli in via di preparazione su questo sito.

Ma cos’è la prescrizione? Si tratta di un termine massimo di tempo, entro il quale è possibile far valere alcuni diritti, per esempio quello di impugnare e contestare l’applicazione di condizioni a voi sfavorevoli da parte di Banche, Compagnie assicurative, Operatori telefonici ecc., mentre una volta che è trascorso il termine stesso questo non è più possibile per legge.

Su centroconsumatori.it trovate una utilissima tabella riassuntiva dei tempi di conservazione dei vari documenti che interessano il bilancio familiare.

Naturalmente ora le possibilità che ci sono offerte dalla tecnologia sono molte di più che in passato, pensiamo alla possibilità anche per una famiglia di poter disporre di uno scanner per la digitalizzazione di un documento e di vari softwares, taluni anche gratuiti, come vedremo, per poter archiviare in modo ottimale sul nostro disco fisso i documenti elettronici in formato PDF ed associarli magari ad un database come access per poterli ritrovare velocemente.

Ma c’è un’altro consiglio che mi sento di poter dare circa la documentazione cartacea ed è il seguente. Acquistate delle cartelle con i lembi, di formato almeno sufficiente a contenere l’A4 (cm. 20,9 x 29,7), intestatele a penna con il nome di ciascun soggetto con il quale avete rapporti giuridici in corso (una cartella diversa per ognuno di questi soggetti) e gli estremi più importanti del contratto e/o il codice cliente con il quale voi siete da lui identificati (lo trovate su ogni bolletta o fattura), e infine inserite nella cartella stessa tutti i documenti che vi si riferiscono, anche se i documenti stessi si riferiscono ad anni diversi.

Se i documenti di un soggetto sono troppi, fate una cartella per ogni anno, se ancora non è sufficiente fate una cartella per ogni trimestre, ma ripetendo sempre il nome del soggetto e gli estremi identificativi. In ogni cartella vanno inseriti il contratto originale, le lettere successive, le contabili, le bollette, fatture e qualsiasi altro documento si riferisca a quel soggetto.

Per estremi identificativi intendo: se si tratta di una banca, il numero di conto corrente, il codice abi, codice cab, il numero dell’agenzia e il codice IBAN internazionale; se si tratta di una compagnia assicurativa il numero di polizza, il codice cliente, la data di decorrenza e scadenza; se si tratta di un operatore telefonico, il numero di telefono, il codice cliente, la data di scadenza del contratto; se si tratta dell’Enel o di qualsiasi altro gestore acqua, luce e gas, il codice cliente, il codice identificativo del contatore, il numero di matricola del contatore, il codice contratto, la data di attivazione del servizio.

In questo modo diventa enormemente più facile recuperare prontamente i documenti nel caso si renda necessario. Molti suddividono le bollette per categoria di spese o per anno, ma mi sono reso conto con la pratica che in questo modo, data la crescente complessità dei rapporti e della recente possibilità di cambiare operatori e fornitori, i criteri tradizionali di classificazione e suddivisione delle bollette non sono più adatti.

Io personalmente tengo un misto di documentazione cartacea (contratti originali firmati a mano e pochi altri documenti imporanti) e digitale (la maggior parte di tutti gli altri documenti) e cerco di fare richiesta di non inviare documenti cartacei ma in formato digitale ogni qual volta entro in relazione con un nuovo soggetto.

In questo modo si risparmiano anche cifre non trascurabili di spedizione ed invio bollette e fatture che poi ci vengono fatturate nelle bollette stesse. Per quanto ruguarda i conti correnti on line, è sufficiente stamparsi una sola volta all’inizio il contratto e le condizioni generali e poi una volta l’anno l’estratto conto. Le contabili periodiche non vale la pena di stamparle perchè fa comunque fede l’estratto conto (salvo operazioni importanti per le quali serve assolutamente la contabile completa).

Calcolo valore attuale di un capitale futuro

sabato 10 novembre 2007

Il concetto di “attualizzazione” di un capitale futuro è largamente utilizzato in tutti i calcoli economici e finanziari. Ma cosa vuol dire “attualizzare” e che cos’è un “capitale futuro”?

Attualizzare, tradotto nel linguaggio di tutti i giorni, significa “riportare ad oggi” o “rendere attuale” o “calcolare un valore equivalente disponibile ora, oggi e subito”.

Un “capitale futuro” altro non è che una somma di danaro che sarà disponibile in una data futura e quindi non lo è ancora oggi.

Esempio: disporre di € 100,00 il 1/1/2009 non è la stessa cosa che disporre degli stessi € 100,00 ma il 1/1/2008, perchè?

Qui sta il nocciolo della questione! L’errore più comune che fa il neofita della finanza è sommare 2 cose che non sono assolutamente comparabili tra di loro, è come voler prendere un uovo e sommarlo ad una gallina e poi dire che si possiedono 2 galline oppure 2 uova!

Un esempio molto meno banale è quello di sommare tutte le rate di un mutuo di un piano ammortamento (aventi data di scadenza differente) oppure tutte le cedole future di un investimento obbligazionario (aventi data di maturazione differente) e poi dire che si è spesa o si è incassata la loro sommatoria!

Il principio più importante in matematica finanziaria è il principio di equivalenza finanziaria tra 2 somme disponibili in momenti differenti nel tempo.

Che cosa manca per attualizzare al 1/1/2008 i 100 Euro disponibili il 1/1/2009? Avrete già capito che il nostro capitale futuro sono proprio € 100,00 al 1/1/2009.

Ok, qualcuno dirà: il tasso di interesse! Giusto! Ma non è sufficiente. Ci occorre certamente sapere qual’è il tasso di interesse da prendere come riferimento, ma ci occorre anche sapere un’altra cosa: il periodo di capitalizzazione.

Che cos’è allora il “periodo di capitalizzazione” ? E’ il periodo di tempo che intercorre tra la data in cui si è presa a prestito una data somma e la data più prossima in cui vengono addebitati o liquidati gli interessi.

Badate bene che tutto questo ragionamento è esattamente lo stesso sia quando facciamo un mutuo sia quando investiamo in bot o azioni cioè sia quando prendiamo a prestito sia quando invece prestiamo a qualcun altro i nostri risparmi.

Se la data iniziale dell’operazione è il 1/1/2008 e quella di scadenza finale è il 1/1/2009 , questo ci dice solo che il 1/1/2009 l’operazione finanziaria è conclusa ed i 100 Euro vengono restituiti o rimborsati.

Se il “periodo di capitalizzazione” è trimestrale, ciò significa che gli interessi sulla somma iniziale verranno calcolati ogni 3 mesi e quindi il 1/4, il 1/7, il 1/10 e il 1/1/2009 e ogni volta vengono aggiunti al capitale!

La somma iniziale peraltro rappresenta l’incognita del nostro problema, cioè il valore attuale del capitale futuro di € 100,00 che è proprio l’importo che ci serve calcolare (supponendo che oggi sia il 1/1/2008).

Solo nel caso particolare di concordanza tra il “periodo di capitalizzazione” degli interessi e quello della durata complessiva dell’operazione finanziaria si può parlare di interesse semplice o di “regime di capitalizzazione semplice”.

In tutti gli altri casi si parla di interesse composto o di “regime di capitalizzazione composta”.

Potevamo darvi la formula all’inizio, ma noi preferiamo farvi ragionare passo dopo passo perchè vogliamo aiutarvi a comprendere molto bene queste nozioni, in quanto le riteniamo assolutamente basilari per poter gestire qualsiasi problema di finanza personale!

Supponiamo ora che il tasso di interesse rimanga costante tutti e 12 i mesi (il che in molti casi della vita reale non è assolutamente detto!) e che esso sia, poniamo, ad esempio il 5% annuo (nominale).

Allora se io potrò disporre di € 100,00 il 1/1/2009, quale dev’essere la somma che devo investire oggi, 1/1/2008 e che mi rappresenta il valore attuale di un capitale futuro di € 100,00 disponibile tra 1 anno esatto e i cui interessi sono convertibili trimestralmente al tasso annuale nominale del 5% ?

Ci sono 2 modi per risolvere questo problema: o si va per tentativi o si utilizza una formula bella e pronta. Quello che è importante è capire bene il procedimento e comprendere in profondità tutti i vari passaggi ed il significato dei termini impiegati.

Allora se chiamiamo ‘C‘ il capitale iniziale, ‘i‘ il tasso di interesse annuo (nominale, non effettivo!) ed ‘M‘ il montante o valore futuro a scadenza, abbiamo questa equazione:

C x (1 + i/4) + C x (1 + i/4)^2 + C(1 + i/4)^3 + C(1 + i/4)^4 = € 100,00

(dove i/4 è il tasso nominale annuo diviso per 4 trimestri e ‘^’ significa ‘elevato alla ‘n’esima potenza)

Un tasso del 5% deve essere sempre inserito nelle formule come numero frazionale quando viene sommato ad 1:

C x (1 + 0.05/4) + C x (1 + 0.05/4) + C x(1 + 0.05/4) + C x(1 + 0.05/4) = € 100,00

diventa:

    € 100,00
C = ————————
    (1.0125)^4

che equivale a:

    € 100,00
C = ————————
    (1.0509453369 )

cioè a:

     
C = € 95,1524275229
     

quindi la formula generale è:

    M
C = ————————
    (1 + i/n)^n

(dove ‘n‘ sta per il numero di intervalli di capitalizzazione)

Quindi il valore attuale al 1/1/2008, cioè oggi, di un capitale futuro di € 100,00 disponibili il 1/1/2009 (tra dodici mesi) ad un tasso nominale annuo del 5% ed in regime di capitalizzazione composta trimestrale è: € 95,1524275229 (NovantacinqueEuro e quindici centesimi di euro).

Non ci credete? Vediamo allora la prova del nove. Abbiamo portato tutti i dati e relativa soluzione su un foglio di Excel, come mostrato in questa figura, e che potete scaricare direttamente dalla nostra area download qui.

Estinzione anticipata di un credito al consumo

venerdì 9 novembre 2007

La legge (D.Lgsl 1.9.1993, N. 385) riconosce sempre al consumatore il diritto di estinguere anticipatamente un contratto di credito al consumo, anche se nel contratto dovessero risultare clausole contrarie.

L’art. 125 del Testo Unico delle leggi in materia di bancaria e creditizia e successive modifiche (Decreto Legislativo 1.9.1993, N.385) recita infatti al comma 2:

“Art. 125 – (Disposizioni varie a tutela dei consumatori)

…….

2. Le facoltà di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità spettano unicamente al consumatore senza possibilità di patto contrario. Se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio).

…….

Il consumatore dovrà restituire in una sola volta quanto rimane da pagare, oltre ad una percentuale a titolo di commissione secondo quanto previsto dal contratto stesso, percentuale che non può superare l’1% del capitale residuo, oltre agli eventuali interessi maturati dalla data di pagamento dell’ultima rata.

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Esempio di lettera da inviare alla società finanziaria con la quale è stato stipulato a suo tempo un contratto di credito al consumo per risolvere anticipatamente il contratto.

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Mittente: Nome e indirizzo di chi ha ricevuto il finanziamento.

Spedire a: Nome e indirizzo della società di finanziamento.

Raccomandata con avviso di ricevimento

Luogo e data

Oggetto: Contratto di finanziamento nr. …………… del ……../……/…….

A mezzo della presente Vi comunico che, ai sensi della clausola contrattuale n. ……. e comunque ai sensi del D.Lgs. 1.9.1993, n.385, art. 125, intendo procedere all’estinzione anticipata del contratto di finanziamento in oggetto di cui ho sino ad oggi pagato n. ……. rate dal …./……/…… al …../…../…….

Vorrete pertanto procedere al calcolo del capitale residuo, più interessi e commissioni da me dovutevi ad oggi, ai sensi delle vigenti normative in materia di credito al consumo.

Con riserva di ogni diritto.

Distinti saluti.

Firma

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Gestione del Bilancio Familiare Parte Prima

giovedì 8 novembre 2007

Tutti, persone ed imprese, hanno generalmente attività e passività.

Sono attività:

– Qualcosa di cui hai la proprietà; per esempio, denaro, terreni, fabbricati, merci, marchi, partecipazioni azionarie, ecc.

– Qualcosa di cui hai la proprietà, ma che è a disposizione di altri. Molto spesso si tratta di denaro, che è stato prestato, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa.

Una passività invece è qualcosa che devi restituire a tempo debito.

Molto spesso si tratta di denaro, che è stato ricevuto in prestito, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa.

Lo stato patrimoniale è semplicemente un prospetto, che elenca tutte le attività e passività, accompagnate dalla loro valutazione ad una data specifica e ben determinata (di solito a fine anno)

Lo stato patrimoniale personale di Annalisa (nome preso a caso).

Non è molto difficile. Ecco cosa accade se si elencano in un foglio tutte le attività e tutte le passività di Annalisa.

Stato patrimoniale personale di Annalisa alla data odierna:

Attività:

Appartamento e mobilio 50.000,00
Investimento società Pinco 10.000,00
Contributi versati 2.000,00
Oggetti preziosi 1.000,00
Prestito a fratello 500,00
Totale Attività 63.500,00

Passività:

Debiti ipotecari (30.000,00)
Carta di credito (500,00)
Scoperto bancario (1.500,00)
Bolletta telefono (500,00)
Totale passività
(32.500,00)
Attività nette
(31.000,00)
Totale a quadratura:
(63.500,00)

Patrimonio netto:

Eredità 20.000,00
Risparmi 11.000,00
Totale 31.000,00

Questo è lo stato patrimoniale personale di Annalisa, abbastanza interessante, no?

La parte superiore è chiara. Abbiamo semplicemente elencato tutte le principali attività accompagnate dal loro valore. Inoltre, abbiamo elencato le somme di denaro che Annalisa deve restituire ad altre persone.

Ci sono, però, alcune cose non chiare. Perché i valori passivi vengono riportati in parentesi e cosa si intende per “Attività nette” ?

Non si è mai sicuri veramente di cosa si intenda dire quando si utilizza il termine “netto” (netto da cosa?).

‘Netto” indica il valore di qualcosa dopo aver sottratto qualcos’altro. La ragione per cui non si è mai sicuri di cosa si voglia intendere per netto è perché non si specifica cosa si sta sottraendo!

In questo caso, si sommano tutte le attività, giungendo ad un valore di € 63.500. Si tratta delle attività lorde, anche se a volte si omette l’aggettivo e ci si riferisce esclusivamente alle “attività“.

Si sottraggono quindi tutte le passività. Le parentesi, in contabilità, indicano semplicemente numeri negativi. Per cui le passività, che ammontano a € 32.500, vengono sottratte dalle attività lorde e si ottiene € 31.000. Ecco le attività nette.

Questo valore rappresenta ciò che rimarrebbe se Annalisa vendesse tutte le attività e pagasse tutte le passività. In altri termini, le attività nette corrispondono alla ricchezza netta di un soggetto.

Va bene, abbiamo elencato tutte le attività e tutte le passività ed abbiamo chiarito cosa rappresenta il valore netto. Ciò sembra confermare quanto detto circa lo stato patrimoniale.

Ma che cosa rappresenta ciò che abbiamo chiamato “Patrimonio netto“?

Facile. La descrizione dello stato patrimoniale non era affatto completa. Oltre ad elencare tutte le attività e tutte le passività ed evidenziare la ricchezza netta, lo stato patrimoniale mostra gli elementi costituenti questa ricchezza netta.

Come siamo giunti a questa ricchezza netta di € 31.000? Ci sono solo due modi:

1. Annalisa potrebbe avere ricevuto parte delle attività. Nel caso specifico ha ereditato € 20.000. È la somma di denaro con cui è partita; non li ha affatto guadagnati.

2. Annalisa potrebbe aver risparmiato parte dei guadagni da quando ha cominciato a lavorare. Con ciò non voglio riferirmi solo a danaro in contante o depositati in banca. Includo anche beni sotto forma di attività che Annalisa potrebbe vendere ed ottenere liquidità, come un appartamento, degli oggetti preziosi, ecc. In altri termini, il suo risparmio è rappresentato da tutte le entrate che non ha speso per l’acquisto di cibo e bevande, in viaggi, ecc.

In questo caso, Annalisa ha risparmiato € 11.000. Da notare che nello stato patrimoniale non sono presenti € 11.000 in contanti; questo risparmio si trova nel suo patrimonio sotto forma di varie attività.

Naturalmente, ciò che Annalisa ha ricevuto, sommato a ciò che ha risparmiato rappresenta proprio la sua ricchezza oggi, che deve risultare uguale alle attività nette.

Questa è l’equazione dello stato patrimoniale:

Ricchezza netta = Attività (lorde) Passività (lorde)

Alcuni chiarimenti sui termini utilizzati e ulteriori considerazioni. Le Attività vengono chiamate anche Impieghi di capitale mentre le Passività, sommate alle Attività nette (o Patrimonio netto), vengono chiamate anche Fonti di Capitale.

In ogni momento gli impieghi devono per forza essere uguali alle fonti. Questo vi dà la misura di come state gestendo il vostro patrimonio, indipendentemente dal fatto che siate indebitati oppure no.

Quindi, riepilogando, quali sono gli scopi informativi di uno Stato Patrimoniale?

1. Evidenziare ammontare e composizione della vostra ricchezza lorda (danaro contante, valore dei beni posseduti e crediti raggruppati per scadenza temporale)

2. Evidenziare ammontare e composizione dei vostri debiti (non sarebbe male raggrupparli per scadenze temporali).

3. Evidenziare ammontare e composizione del vostro Patrimonio netto, composto da risparmi + eventuali lasciti, donazioni, eredità, vincite al gioco, ecc.

A questo punto sorge spontaneamente una domanda: che succede se i debiti sono superiori alla ricchezza lorda?

Semplice: dovendo il totale degli IMPIEGHI essere implacabilmente uguale alle FONTI, non solo avete un Patrimonio Netto pari a € 0,00 ma dovete restituire ad altri una parte della ricchezza che figura tra le Attività poichè non vi appartiene più, in altre parole avete un Patrimonio Netto negativo o una perdita in conto capitale.

E’ esattamente a questo punto che cominciano i guai. Avete solo alcune possibilità:

A. Ridurre le Attività, smobilizzandone una parte al valore di mercato corrente. In questo modo ottenete immediatamente della liquidità per fare fronte ai debiti in scadenza.

B. Potete procurarvi altre entrate lavorando (straordinario), doppio lavoro, consulenze, servizi, ecc.

C. Potete ricorrere ad ulteriori indebitamenti cioè a prestiti personali. Naturalmente se chi vi presta i soldi è un vostro familiare è un conto, se è un estraneo invece qui inizia esattamente il vostro calvario!