Cambio banca e costo di estinzione del conto


Passare da una banca a un’altra? Tra il dire e il fare ci sono di mezzo alcuni costi, in qualche caso davvero pesanti.

• Costo dì estinzione del conto corrente. In genere le spese sono variabili. Si può non pagare nulla oppure in certi casi una somma salata (fino a 100-200 Euro).

• Spese di chiusura periodica del conto e di liquidazione degli interessi. Di solito la chiusura periodica è trimestrale: in questo caso, se si estingue il Conto a trimestre iniziato si devono comunque pagare i costi di tutto il periodo.

• Canone della carta di credito. Se si lascia una banca per un’altra senza poter trasferire la carta di credito ci si trova a pagare un canone doppio: quello della vecchia carta di credito e quello della nuova.

Ciò accade per le banche che offrono carte BankAmericard, CartaSì e alcune altre. Se si cambia banca, anche se si è a metà anno, si deve cambiare anche carta e il canone pagato non viene rimborsato.

Con le altre emittenti invece la carta viene semplicemente trasferita, senza dover pagare un nuovo canone.

• Costi di trasferimento titoli. Qui le spese possono diventare notevoli.  Una buona parte delle banche fa pagare commissioni differenti in base alla tipologia di titolo.  La previsione di tetti massimi di spesa (che non sempre c’è) spesso non cambia le carte in tavola.

• Costo della custodia semestrale dei titoli. Molte banche, soprattutto quelle online, stanno eliminando i costi relativi alla custodia titoli.

• Costo legato al cambiamento dei fondi comuni. E un costo nascosto: in pratica non comporta un esborso diretto di denaro, ma un mancato guadagno connesso ai fondi comuni.

Si verifica quando la nuova banca, pur proponendo ottime condizioni generali, ha fondi comuni meno redditizi della vecchia banca.

Dato che cambiando conto si è quasi obbligati a cambiare fondi, si deve così rinunciare a parte del vecchio rendimento. L’unico sistema per evitarlo è quello di tenere il fondo immobilizzato presso la vecchia banca, destinato alla sola rivalutazione, senza effettuare operazioni di compravendita.

C’è modo di ridurre queste spese? Qualcosa si può ottenere, ma non molto. Per evitare il costo di trasferimento dei titoli, si potrebbe venderli prima della chiusura del conto, per poi ricomprarli con la nuova banca.

L’operazione è però un azzardo: c’è il rischio di forti perdite dovute all’andamento del mercato. Un aiuto può venire dalla legge sulla trasparenza bancaria, che prevede per il cliente il diritto di recedere dal vecchio contratto entro 15 giorni da quando la banca gli ha comunicato di aver peggiorato le sue condizioni.

In questo caso si recede senza penalità, cioè si può chiudere il conto senza spese di estinzione e alle condizioni precedenti alla variazione.  Per approfittare di questa oppurtunità bisogna però aspettare l’occasione buona e nel frattempo aver già attivato un nuovo conto.

Quando si cambia banca ci sono anche pratiche burocratiche da sbrigare.

• Prima di comunicare l’estinzione del conto alla vostra vecchia banca, togliete gran parte dei soldi, in modo che non rimangano bloccati dalle lungaggini burocratiche dell’estinzione.

• Prima di estinguere il vecchio conto, è preferibile aprire e collaudare il nuovo conto, in modo da avere sempre almeno un conto corrente perfettamente funzionante. Lo stesso consiglio vale per bancomat e carta di credito.

• Nel caso dobbiate vendere fondi, effettuate l’operazione con anticipo rispetto alla chiusura del conto, e con il ricavato comprate i fondi legati alla banca nuova. In caso contrario, la compravendita di quote di fondo potrebbe creare disguidi nella gestione degli accrediti/addebiti.

• Comunicate l’estinzione per iscritto, così da avere una prova della vostra decisione e della data in cui è avvenuta.

• Per il trasferimeno delle domiciliazioni, avvicinate le date di disdetta e di rinnovo, controllando sempre il corretto pagamento delle bollette, così da evitare problemi.

• Ricordatevi di comunicare al datore di lavoro il cambiamento delle vostre coordinate bancarie, per l’accredito dello stipendio.

Passare da banca a un’altra è un’operazione salata, ma anche non cambiare può rivelarsi costoso; infatti rimanere legati a un contratto poco conveniente significa non ottenere i migliori guadagni offerti da un altro conto corrente più vantaggioso.

I costi di divorzio dalla propria banca dipendono sostanzialmente dalle condizioni fissate sul contratto e dall’ammontare e dalla tipologia dei titoli che si possiedono.

Tenendo conto sia delle spese di conto corrente sia di quelle di deposito e di trasferimento titoli, il costo medio da sostenere per chiudere i conti con la vecchia banca può oltrepassare i 200 euro.

A questo importo, già di per se stesso decisamente elevato, vanno poi sommati i costi connessi a eventuali rinnovi della carta di credito, le spese di liquidazione degli interessi e la parte non sfruttata di costo semestrale del deposito titoli, oltre a tutte le imposte di bollo.

In pratica quei valori che dipendono dal momento in cui si recede e che quindi non possono essere valutati sistematicamente. Ma non è finita qui: ci sono poi tutti i “costi” burocratici che non possono essere monetizzati (perdite di tempo, pratiche da sbrigare, comunicazioni al datore di lavoro oppure a clienti, fornitori, ecc.).

Insomma, spese elevate e tempo da dedicare alle operazioni di trasferimento mettono i bastoni tra le ruote a coloro che vogliono cambiare banca.

Garantire davvero la libera concorrenza nel mercato bancario: applicando questo principio l’autorità antitrust dovrebbe imporre alle banche di eliminare le barriere che disincentivano il passaggio da una banca all’altra. Questi ostacoli sono rappresentati dalle spese di chiusura del c/c e soprattutto dai costi di trasferimento dei titoli.

Un altro costo iniquo è quello relativo ai canoni dei servizi che non si utilizzano o si utilizzano parzialmente.

Si tratta, per esempio, dei canoni del bancomat e della carta di credito. Chi dovesse cambiare banca dopo pochi giorni dal rinnovo del bancomat (che di solito avviene automaticamente), finisce per aver pagato una spesa di cui non godrà i benefici.

Dovrebbe essere un principio ovvio che un servizio si paga soltanto per quanto lo si usa: quindi le banche dovrebbero restituire al cliente quella parte di canone relativa al periodo di non utilizzo.

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